Sarà che la sostenibilità e l’economia circolare sono ormai concetti familiari, ma ha un che di sorprendente il boom del resale che stiamo vivendo in questi anni. A tal punto da portare la società di ricerche di mercato GlobalData a stimare che il mercato dell’abbigliamento di seconda mano sta crescendo 11 volte più velocemente della vendita al dettaglio tradizionale. Addirittura, prevede che entro il 2030 varrà 84 miliardi di dollari, più del doppio rispetto al fast fashion.
Il mercato di seconda mano è ormai un business multimiliardario
Dietro, probabilmente, c’è l’esigenza di rispondere a una nuova sensibilità che piano piano si fa largo a partire dalle generazioni più giovani. Il digitale e l’e-commerce su larga scala, poi, hanno fatto da volano alla cosiddetta economia del riuso. Laddove c’era eBay e poco altro, ora sono sorte molte piattaforme specializzate. Per trovare i primi successi clamorosi in questo campo bisogna andare indietro fino al 2008, quando Milda Mitkute e Justas Janauskas in Lituania fondarono Vinted come un sito con cui ricavare qualche soldo dai vestiti lasciati inutilizzati nell’armadio. Oggi è una piattaforma da milioni di utenti in tutto il mondo che nel 2019 fatturava già 1,9 miliardi di euro. Poco più tardi vedeva la luce Vestiaire Collective, azienda francese che nel 2009 dava vita a una piattaforma per vendere e acquistare abbigliamento e accessori lussuosi di secondo mano. Anche lei ha spopolato, ora conta 11 milioni di membri e nel 2021 ha fatto registrare il +85% di ordini. Si può citare anche il successo di Depop, che conta 30 milioni di utenti registrati in oltre 150 paesi e ha 400 dipendenti nelle sedi di Manchester, Los Angeles, Sydney e Milano. Quest’ultima è stata comprata da Etsy, per la bellezza di 1,6 miliardi di dollari.
Gucci, Levi’s e Asos hanno già fatto le prime mosse nel mercato del riuso
Alla luce delle cifre che girano, non sorprende che alcuni giganti della vendita al dettaglio abbiano iniziato a investire nella rivendita. Per esempio, Gucci ha una collaborazione con il sito di spedizioni The RealReal per vendere i suoi accessori e indumenti di seconda mano. Lo storico brand dei jeans, Levi’s, invece ha lanciato la piattaforma Levi’s Secondhand, la quale consente ai clienti di restituire jeans e giacche usati nei negozi in cambio di una carta regalo e di acquistare a loro volta capi di abbigliamento di seconda mano da un nuovo marketplace presente sul sito. Anche l’insegna dell’abbigliamento Asos ha lanciato una piattaforma che rende possibile la vendita di capi di abbigliamento vintage o usati, da parte di etichette indipendenti e negozi vintage.
Alla nuova sensibilità per il riuso, altri trend globali in atto potrebbero in futuro aumentare il ricorso al riutilizzo di abbigliamento e accessori di seconda mano. Infatti, in questi mesi si sta assistendo sui mercati globali a una scarsità di materie prime senza precedenti nella storia recente. Ed è una scarsità che copre trasversalmente molti ambiti: dall’energia, all’edilizia, per arrivare a semiconduttori e altri materiali. E, in futuro, questa situazione potrebbe anche diventare strutturale, nell’ottica di un mondo che deve ridurre gli sprechi e lottare con tutte le forze contro i cambiamenti climatici.
I nuovi ambiti di espansione: il caso Deesup e dell’arredo
Il boom del resale, comunque, non riguarda solo il mondo dell’abbigliamento. Secondo un’indagine di Bva Doxa, infatti, il mercato dell’usato complessivo solo nel nostro Paese ha raggiunto un valore di 23 miliardi di euro nel 2020.
Il mondo delle startup, in questo senso, può essere un ottimo segnale anticipatore per le tendenze future. Guardando al nostro Paese, per esempio, su Mamacrowd ha recentemente raccolto circa 800mila euro in un round di equity crowdfunding la startup Deesup, un marketplace online per la compravendita di oggetti di arredamento vintage selezionati di seconda mano, secondo il principio di economia circolare. L’azienda, fondata dall’ex manager di Groupon, Valentina Cerolini, e dall’ex Eni Daniele Ena, oggi ha messo in piedi un team di 14 persone. Nel corso del 2020 il suo transato si è triplicato rispetto all’anno precedente, con un carrello medio passato da 530 a 810 euro. La società ha spedito oggetti di design in oltre 30 Paesi nel mondo, con oltre il 60% del transato generato fuori dal nostro Paese. Con il round di equity crowdfunding l’azienda vuole ora raccogliere le risorse per svilupparsi ulteriormente con l’obiettivo di affermarsi come nuovo caso di successo in un mercato, quello dell’arredo di seconda mano, che secondo i promotori della campagna varrà 16 miliardi di dollari entro il 2025.