CONTRORDINE USA: IL NUOVO PIANO PER L’UCRAINA NON PREVEDE LA RICONQUISTA DEI TERRITORI

L’amministrazione Biden sta lavorando ad un piano per sostenere l’Ucraina a lungo termine che però almeno per il 2024 non prevede la riconquista dei territori persi dallo scoppio del conflitto. Lo riporta il Washington Post, che cita funzionari governativi che hanno accettato di … continua

La maxi mostra di Van Gogh a Milano

l Mudec Museo delle Culture presenta da oggi, giovedì 21 settembre, al 28 gennaio 2024, la mostra “Vincent Van Gogh. Pittore colto”, che propone una prospettiva nuova sul celebre artista olandese, discostandosi dagli stereotipi che ne condizionano la narrazione.  

“Van Gogh il maestro dei girasoli, Van Gogh il pittore del manicomio e della pazzia suicida, Van Gogh il solitario artista immerso nella campagna, l’autodidatta senza molti appigli culturali: questi sono solo alcuni dei preconcetti che hanno condizionato, e condizionano tuttora, il mito di Vincent Van Gogh. Questa mostra presenta invece un Van Gogh diverso e più sorprendentemente aggiornato sul dibattito culturale del suo tempo: appassionato lettore e collezionista di stampe, oltre che attento osservatore delle tendenze artistiche più attuali. Van Gogh fu infatti un grande pittore ma anche un intellettuale estremamente colto”, si legge in una nota di palazzo Marino. 

L’esposizione – promossa dal comune di Milano con il patrocinio dell’ambasciata e consolato generale dei Paesi Bassi in Italia, prodotta da 24 Ore Cultura e curata da Francesco Poli con Mariella Guzzoni e Aurora Canepari – è stata realizzata grazie alla collaborazione con il museo Kröller-Müller di Otterlo, Paesi Bassi, che possiede una straordinaria collezione di dipinti e disegni del pittore olandese, seconda solo a quella del Van Gogh Museum di Amsterdam.  

Dal museo olandese provengono circa 40 delle opere esposte, tra cui straordinari capolavori come gli studi di teste e figure per “I mangiatori di patate”, “I nidi” e i disegni di cucitrici e spigolatrici della fase olandese; “Moulin de la Galette”,  “Autoritratto”, “Interno di un ristorante”, “Natura morta con statuetta e libri”, degli anni parigini; “Frutteto circondato da cipressi”, “Veduta di Saintes-Marie-de-la-Mer”, “La vigna verde”, “Ritratto di Joseph-Michel Ginoux” del periodo di Arles; “Paesaggio con covoni e luna che sorge”, “Covone sotto un cielo nuvoloso”, “Pini nel giardino dell’ospedale”, “Uliveto con due raccoglitori di olive”, “Tronchi d’albero nel verde”, “Il burrone”, dipinti durante il suo internamento all’ospedale di Saint-Rémy. 

Il taglio curatoriale mette in evidenza il rapporto fra la visione pittorica e la profondità della dimensione culturale dell’artista, attraverso lo sviluppo di due temi: da un lato quello del suo appassionato interesse per i libri, e dall’altro la fascinazione per il Giappone alimentata dall’amore per le stampe giapponesi, collezionate in gran numero. Nel percorso di mostra le opere provenienti dal Museo Kröller-Müller vengono presentate in dialogo con il primo fil rouge della mostra, ovvero con una accurata selezione di oltre trenta edizioni originali di libri e riviste d’arte, provenienti dalla collezione della curatrice e dalla Biblioteca Malatestiana, disseminati in vetrine a tema.   

Il percorso espositivo sarà arricchito da un’opera audiovisiva a cura di Karmachina. Un archivio audiovisivo che raccoglie schizzi, illustrazioni e dipinti, ma anche citazioni tratte dalle sue lettere. Un omaggio al Vincent collezionista e archivista, grande lettore e sperimentatore.  

Da che punto si racconta un storia?

Raccontando la carneficina in corso a Gaza secondo il racconto mediatico dominante non esiste nulla prima del 7 ottobre: la storia inizia con un’organizzazione terroristica che, non si sa perché, decide di andare a compiere una strage in Israele. In questo modo il gioco è fatto e il racconto è semplicissimo: da una parte dei pazzi estremisti, dall’altra il diritto a difendersi di uno Stato. Ogni ragionamento è rimosso e al massimo si può discutere timidamente se forse le forze israeliane non stiano un poco esagerando nella reazione, portando così il dibattito pubblico all’esatto livello desiderato dal potere politico.

Quando invece si parla delle ragioni storiche del conflitto la parola passa invece alla storiografia dominante, ovvero quella che ha accesso alla tv e ai grandi media, che in Italia è fatta sempre da un piccolo manipolo di giornalisti scelti. Il massimo rappresentante ne è probabilmente Paolo Mieli, che distribuisce pillole di storiografia preconfezionata come autore di Rai Storia e come editorialista del Corriere della Sera. All’indomani degli attacchi del 7 ottobre, a Mieli, sono bastati 60 secondi per confezionare la propria pseudo-storia del conflitto in un video prodotto dal Corriere: “Tutto ha inizio nel novembre 1947, quando le Nazioni Unite decidono la nascita di due Stati: uno ebraico e uno palestinese. Il 14 maggio 1948 lo Stato ebraico nasce, mentre dalle terre in cui doveva nascere lo Stato palestinese arriva un’aggressione dei Paesi arabi contro Israele, perché quello Stato vada in pezzi immediatamente”. Anche qui, naturalmente, tutto torna e la colpa è chiara. Ma la storia non si può fare in 60 secondi e soprattutto non inizia da dove la fa cominciare Paolo Mieli. Per comprendere il conflitto in Palestina bisogna partire da un altro mezzo secolo prima, se no non si capisce niente.

Conferenza di Berlino, 1884, piena epoca coloniale. Le potenze europee si ritrovano per ammantare di diritto le proprie pretese sul resto del mondo, e così nasce il principio legale della terra nullius, che in buona sostanza afferma razzisticamente che esistono territori di nessuno, scarsamente abitati da popolazioni incivili che possono essere occupati legittimamente dalle civiltà superiori. La Palestina, dove all’epoca vivevano circa mezzo milione di arabi e appena 24.000 ebrei (meno del 5% della popolazione) viene designata terra nullius, quindi colonizzabile. Il movimento sionista, anch’esso nascente in quegli anni, coglie la palla al balzo e afferma di voler andare in Palestina con il sacro diritto di rappresentare un “popolo senza terra che vuole prendere una terra senza popolo”. Ma il problema è che il popolo c’era, non era ebraico e non voleva farsi colonizzare. Con i soldi raccolti in occidente e con le armi comincia la colonizzazione ebraica a danno dei palestinesi. Ancora nel 1947, quando inizia la storia secondo gli amanuensi del pensiero governativo, i palestinesi rappresentano il 75% della popolazione. La loro “colpa” è quindi quella di aver rifiutato prima di farsi colonizzare e sfollare in silenzio, poi di non aver accettato una partizione assurda della loro terra in due Stati che avrebbe assegnato a poche decine di migliaia di coloni oltre la metà delle terre.

L’indice del nuovo numero

  • Una storia coloniale
  • Io sono un palestinese
  • Cronistoria ragionata di un conflitto lungo oltre un secolo
  • Gaza, la prigione a cielo aperto più grande del mondo
  • La lunga scia di violazioni del diritto internazionale da parte di Israele
  • È vero che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente?
  • La posizione degli Stati internazionali nel conflitto
  • L’attivismo per la Palestina nel mondo e il movimento BDS
  • La pace impossibile: come potrebbe finire il conflitto israelo-palestinese
  • Per approfondire: i consigli della redazione

Il mensile, in formato PDF, può essere acquistato (o direttamente scaricato dagli abbonati) a questo link: https://www.lindipendente.online/monthly-report/

Contro l’inflazione la Spagna ha deciso di aumentare il salario minimo

Il 12 gennaio, il Primo Ministro spagnolo Pedro Sánchez ha pubblicato un post su X in cui comunica di avere trovato un accordo con i sindacati UGT e COO in relazione al salario minimo, stabilendo che nel 2024 gli stipendi non potranno scendere sotto i 1.134 euro lordi al mese distribuiti in 14 mensilità. Con la nuova intesa, che non è stata siglata dagli imprenditori, la Spagna intende combattere la crescente inflazione che sta colpendo l’Eurozona, promuovendo una misura che interessa, a detta dello stesso Sánchez, 2,5 milioni di lavoratori «soprattutto giovani e donne», parole sottoscritte dal segretario di Stato al Lavoro Joaquín Pérez Rey. La Spagna, che negli ultimi anni ha proposto una serie di misure di natura sociale, è uno dei 21 Paesi dell’Unione Europea ad avere una legge che regoli il salario minimo, mentre la lista di Stati che ne sono privi si limita a 6 nomi, tra cui certamente spicca quello dell’Italia, in cui la stessa Ministra del Lavoro Marina Calderone si è detta contraria alla misura, e favorevole piuttosto alla «contrattazione».

La nuova misura spagnola relativa al salario minimo porta a un aumento degli stipendi pari al 5% rispetto ai 1.080 euro del 2022, che tradotto significano 54 euro in più al mese. Sul tavolo delle trattative erano inizialmente presenti anche gli industriali, i quali tuttavia hanno deciso di non firmare l’accordo perché chiedevano che l’aumento si limitasse a un iniziale 3%. L’innalzamento dei salari, sebbene annunciato solo a metà gennaio, avrà effetto retroattivo e sarà valido a partire dall’inizio inizio mese, risultando così effettivo sin dalla prima busta paga dell’anno. Questa nuova misura di innalzamento degli stipendi non è la prima promossa dal governo Sánchez, che dal 2018 – anno del suo insediamento – a oggi ha portato a un incremento totale del 54% del salario minimo, pari, come sottolinea lo stesso Rey, a 5.573 euro all’anno; ma a quanto dice il Premier, quello annunciato venerdì non dovrebbe essere neanche l’ultimo provvedimento relativo alla questione, tanto che nello stesso post su X Sánchez fa riferimento a un «obiettivo 60%».

Sánchez è alla guida del Governo spagnolo dal 2018 e si è reinsediato all’esecutivo questo novembre, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni annunciando elezioni anticipate in seguito a una dura sconfitta alle amministrative. Il suo Governo non è affatto nuovo a misure di sostegno sociale, che il Premier spagnolo è riuscito a finanziare anche grazie a misure di tassazione straordinaria, attaccando per via diretta le banche e i patrimoni, nonostante l’avversione dell’Unione Europea: oltre all’annuale innalzamento del salario minimo, infatti, Sánchez ha promosso misure di diritto alla casa, rendendo disponibili circa 50.000 affitti a prezzi calmierati, ma ha anche dato avvio a un equivalente del nostro reddito di cittadinanza, aumentato le pensioni, istituito fondi speciali dedicati ai giovani, promosso la lotta alla violenza di genere, e portato avanti altre numerosi provvedimenti. La misura di innalzamento del salario minimo, insomma, si colloca sulla scia di una serie di riforme e delibere di natura sociale, che contraddistinguono la Spagna da cinque anni a questa parte.

Nell’Unione Europea sono solo sei i Paesi sprovvisti di salario minimo, ossia Austria, Danimarca, Cipro, Finlandia, Svezia, e, infine, Italia. Nel Belpaese, la maggior parte dei partiti di opposizione ha proposto una misura di introduzione di un minimo salariale, che tuttavia non è mai stata appoggiata dal Governo; a detta della Ministra Calderone ragionare su una equa retribuzione significa in primo luogo «tener conto che nell’ambito della contrattazione collettiva il valore della restituzione in termini orari di un importo è data da tutta una serie di fattori», e l’introduzione di uno stipendio minimo non cambierebbe davvero gli equilibri lavorativi, né risolverebbe le situazioni di fragilità. La proposta di legge, rigettata dalla maggioranza questo novembre, prospetta l’introduzione di un salario minimo pari a 9 euro all’ora ed è appoggiata tanto dall’Unione Europea, quanto dalla giurisprudenza italiana. Dopo il suo affossamento, è stato presentato un emendamento per la sua introduzione alla legge delega in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, firmato da Pd, M5s, Avs, Più Europa e Azione.

[di Dario Lucisano]

FONTE

La Lombardia al primo posto per incidenti stradali: quasi 29mila nel 2022

fonte Ma.Gul.

La Lombardia è al primo posto in Italia per numero di incidenti, avendo totalizzato ben 28.786 sinistri nel 2022 in crescita di quasi il 12% rispetto all’anno precedente. A rivelarlo i numeri elaborati dal centro studi di AutoScout24 sulla base dei dati Istat. Tuttavia, il numero rapportato alla densità di popolazione posiziona la regione al settimo posto: 288,5 incidenti stradali ogni 100mila residenti. 

Pessimo primato per Milano tra tutte le province lombarde. Nel 2022 la città ha registrato 12.613 sinistri e, anche rapportando i dati al numero di residenti, Milano è al primo posto: 390,7 incidenti stradali ogni 100mila persone. Secondo posto per Cremona e terzo Pavia.

Secondo quanto rilevato, alla base di tutti questi incidenti stradali ci sarebbe un problema culturale considerando che il 14% del campione preso in esame da AutoScout24 giustifica chi guida dopo aver bevuto alcolici. Il 12%, poi, tollera chi usa il cellulare alla guida, magari nel caso di una telefonata urgente. 

Seconda una buona fetta di rispondenti, a fare la propria parte in questa classifica è anche lo stato delle strade per cui è necessario lavorare affinché siano migliori e meno pericolose. A preoccupare i guidatori, nel 73% dei casi, sono gli altri utenti della strada al volante, e nel 38% delle risposte i pedoni. 

Tutte le strade di Milano chiuse al traffico sabato 6 gennaio

Ecco tutte le strade che saranno chiuse al traffico durante l’Epifana. L’elenco completo

Un corteo in moto e una rappresentazione religiosa. Entrambe per l’Epifania. Per questo alcune strade di Milano saranno chiuse al traffico nella giornata di sabato 6 gennaio. Tutte le informazioni sono state pubblicate sul portale istituzionale del comune di Milano.

La Motobefana

Sabato 6 gennaio dalle 7.30

Itinerario: viale De Gasperi, via Rizzo, via Gallarate, viale Del Ghisallo, via Quattrocchi, via Croce, via Omodeo, via Montale, sottopasso Patroclo, via San Giusto, via Pio II, via Venegoni, via Olivieri, via Delle Forze Armate, via Anguissola, piazzale Gambara, via Fornari, via Fezzan, via Soderini, via Strozzi, via Caterina Da Forlì, ingresso Il Piccolo Cottolengo “Don Orione”. Successivamente i partecipanti raggiungeranno la “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone lungo il seguente itinerario: via Caterina Da Forlì, viale Legioni Romane, via Berna, via Zurigo, via Parri, via Gozzoli, via Monegherio (Comune Di Cesano Boscone).

Corteo dei Re Magi

Sabato 6 gennaio dalle 10.45

Itinerario: piazza Del Duomo, via Torino, largo Carrobbio, corso Di Porta Ticinese, corso Di Porta Ticinese, piazza S. Eustorgio.

Fonte