March 8
di Cesare Sacchetti
Inizia tutto con un lungo editoriale intitolato “L’età d’oro degli ebrei americani sta finendo”firmato da Franklin Foer, giornalista americano di origini ebraiche.
Foer riporta dei crescenti episodi di “antisemitismo” nelle scuole che, a quanto pare, si sarebbero manifestati nella forma di forti critiche nei confronti del genocidio dello stato ebraico contro il popolo palestinese.
Il giornalista non considera l’antisemitismo sullo stesso piano dell’antisionismo ma individua in queste esternazioni comunque un “male” profondo che, a suo dire, affligge l’America.
Quello di un crescente rifiuto del mondo ebraico, o meglio di coloro che sono stati i massimi esponenti e rappresentanti di questa élite che ha avuto un ruolo predominante negli Stati Uniti e nel mondo intero nel secolo scorso.
Questo mondo ama molto la vittimizzazione di sè stesso. Quando qualcuno prova a denunciare, ad esempio, i crimini dello stato di Israele oppure quando prova a ricordare quanto c’è scritto nel testo “sacro” della moderna religione giudaica, il Talmud, viene immediatamente investito dell’accusa di essere un “antisemita”.
Non ha importanza che quanto detto dall’interlocutore possa essere vero oppure no. Ciò che ha importanza è la demolizione sistematica del messaggero che deve trovarsi addosso il marchio dell’infamia di essere un “antisemita” per aver detto delle pure verità su quello che riguarda Israele o più in generale il mondo ebraico.
Foer ora si scandalizza che stia maturando un sentimento contro lo stato di Israele e si stupisce che i giovani inizino a considerare con ostilità coloro che difendono Israele e la lobby sionista.
Non si sofferma ovviamente a guardare, come fanno gli altri intellettuali ebraici, le cause di questa ostilità.
Non si sofferma a guardare i corpi maciullati dei palestinesi che vengono bombardati persino quando vanno a prendere il panein un’azione che se fosse stata fatta da qualsiasi altro stato al mondo a quest’ora sarebbe stata condannata all’unanimità.
Nessuno può permettersi i crimini che commette Israele e nessuno può passare indenne alla condanna della comunità internazionale come ha potuto fare per più di 70 anni lo stato ebraico.
Questa interminabile serie di ingiustizie e crimini commessi contro un popolo, quello palestinese, si è potuta attuare soltanto perché dietro Israele esiste un potere tremendamente più “grande” e potente dello stato ebraico che travalica i confini israeliani per giungere a Londra, a New York e in tutte quelle centrali del potere della finanza askenazita.
E’ certamente vero che attualmente esiste una spaccatura, o meglio una divergenza di vedute tra l’anima del mondo ebraico più sionista e messianica e quella più progressista e liberale, ma ciò comunque non cambia il fatto che queste due anime sono unite per quello che riguarda la lotta a quello che loro chiamano “antisemitismo”.
Coloro che chiedono indipendenza e sovranità per le proprie nazioni sono “antisemiti”. Coloro che non vogliono finire invasi da un’orda di immigrati clandestini e sostituiti etnicamente dal “meticciato” così caro proprio ad alcuni intellettuali ebraici come Corrado Augias sono “antisemiti” e coloro che denunciano il massacro in atto contro il popolo palestinese.
Se il mondo non si conforma ai desideri e alle volontà di questa lobby, in ogni sua forma e pensiero, allora è il mondo ad essere “antisemita” e il male deve stare necessariamente non all’interno di questa élite ma al di fuori, in coloro che non vogliono abiurare la tradizione cristiana per erigere la società “razionale” dei diritti umani.
Alcuni intellettuali ebraici hanno avuto dei fremiti di onestà e hanno riconosciuto che se nel corso dei secoli le varie comunità ebraiche hanno avuto così tanta difficoltà a integrasi nei Paesi che li hanno accolti dopo la diaspora è perché esistono dei problemi all’interno di tali comunità e non al di fuori di esse.
Uno di questi Bernard Lazare nel suo saggio del 1894 intitolato “L’antisemitismo e le sue cause” si profondeva in questa lucida e alquanto realistica riflessione.
Se questa ostilità, persino avversione, fosse stata mostrata verso gli ebrei in un dato periodo e in un dato Paese, sarebbe facile individuare le cause limitate di questa rabbia, ma questa razza è stata al contrario l’oggetto di un odio di tutti i popoli tra i quali si è stabilita. Deve esserci quindi, dal momento che i nemici degli ebrei sono appartenuti alle razze più diverse, dal momento che hanno vissuto in Paesi molto distanti gli uni dagli altri, governati da opposti principi, dal momento che non avevano la stessa morale né gli stessi costumi, dal momento che erano animati da leggi diverse che non permettevano loro di giudicarli in nulla allo stesso modo, di conseguenza la causa generale dell’antisemitismo è sempre risieduta nella stessa Israele e non in coloro che hanno combattuto contro Israele.”
Se qualsiasi nazione, cristiana o meno, europea o araba, ha avuto delle difficoltà nei secoli passati con le comunità ebraiche ciò non può spiegarsi con una generale “ostilità” nei riguardi degli ebrei in quanto mondi completamente differenti gli uni dagli altri hanno avuto problemi con essi.
Gli ebrei per secoli sono stati un popolo errante e hanno spesso rifiutato di integrarsi con i Paesi, soprattutto cristiani, che li accoglievano.
Ciò si spiega con il sentimento suprematista che è presente nel Talmud, secondo il quale, coloro che non sono ebrei sono di natura inferiore e considerati al pari di bestiame, goy, nella lingua ebraica.
Non si può comprendere lo spirito che anima i leader di questo mondo se non si comprende in qualche modo la loro filosofia o “spiritualità”.
Questi si considerano il popolo eletto e non hanno alcun rispetto per la vita umana. Ciò però non vale per l’intera comunità ebraica.
A nostro avviso, nel corso della storia, si è dimostrato che le prime vittime di questa espressione suprematista dell’ebraismo sono stati gli ebrei stessi anche quando dopo molti secoli erano riusciti ad integrarsi nei Paesi europei che non avevano nessuna intenzione di lasciare per andare in Israele.
Lo si è visto ai tempi del nazismo quando la lobby sionista assistita da personaggi quali gli esponenti della famiglia Rothschild, i banchieri Kuhn, Loeb, Morgan e Warburg, firmavano un patto con il regime nazista per spingere forzatamente gli ebrei tedeschi fuori dalla Germania nazista e farli migrare negli aridi deserti della Palestina.
Il paradosso non raccontato dai libri di storia è che il nazismo fu il movimento politico che diede il contributo maggiore alla causa sionista per il semplice fatto che Hitler sin dal principio era stato aiutato caldamente da certi ambienti che lo avevano sostenuto e finanziato.
Quello che però costata con amarezza e rassegnazione è la fine del vecchio status quo che aveva dato ai signori di questa lobby un potere praticamente immenso.
Nessuno può negare che in Europa come negli Stati Uniti, gli esponenti del mondo ebraico hanno avuto un ruolo di primo piano nel modellare l’edificio della democrazia liberale.
La cultura liberale è stata sotto certi aspetti espressione di questo mondo. Le organizzazioni liberali americane che hanno promosso il culto dei diritti civili come la NAACP, l’associazione nazionale per l’avanzamento delle persone di colore e l’Anti-defamation League, sono state tutte presiedute da membri della comunità ebraica.
La democrazia liberale, con gli annessi diritti umani, è la dottrina politica che il mondo ebraico ha promosso per tutto il XX secolo.
Si è giunti persino al punto dopo il dopoguerra di istituire un’altra religione civile creata dal liberal-progressismo su ordine dei mandanti che controllano tale sistema politico, i signori della finanza askenazita, che altro non è che la religione olocaustica.
Non sono mai esistite nella storia dell’umanità delle leggi che imponevano agli uomini e alle donne di adeguarsi ad una visione della storia e ad un suo particolare racconto.
Quello che oggi viene definito dai liberali come il sistema politico migliore di sempre, la democrazia, è il sistema che manda in carcere coloro che non sono d’accordo con la narrazione della storiografia ufficiale sulla persecuzione degli ebrei nel secondo dopoguerra.
E tale sistema politico che ha varato una delle leggi più oppressive di sempre per ciò che riguarda lo studio e la ricerca storiografica è lo stesso che poi ipocritamente pretende di impartire lezioni sul culto dei diritti umani ad altre culture e Paesi che spesso non sono “colpevoli” tanto agli occhi del liberalismo di aver violato il tempio umanitarista, ma piuttosto sono responsabili di non aver svenduto il proprio Paesi agli interessi finanziari e geopolitici che governano l’Occidente.
Questo è stato il secolo XX, non un secolo breve come lo definì l’intellettuale comunista britannico di origini ebraiche, Hobsbawm, ma il secolo ebraico
Gli ebrei nel 900 si sono affermati nelle arti, nelle scienze e nella politica come mai avevano fatto prima. Interminabile la lista di uomini e donne di origine ebraica che hanno avuto un ruolo di rilievo nella vita pubblica, tra i quali ci sono Albert Einstein, membro anche dell’associazione Paneuropa del conte Kalergi, Robert Oppenheimer, Steven Spielberg, Hanna Arendt, Barbra Streisand, Woody Allen, Larry King soltanto per citarne alcuni in quella che altrimenti sarebbe una interminabile lista.
E’ stato il secolo questo nel quale più di tutti si è affermato lo spirito di questa comunità e dei suoi leader. E’ stato il secolo nel quale è nato lo stato di Israele e nel quale la finanza ebraica di New York e Londra ha accumulato un potere finanziario come mai lo aveva avuto in passato.
Il passaggio dal sistema feudale a quello borghese liberale ha trasferito un enorme potere in quelli che una volta erano chiamati usurai.
E la religione illuminista dei diritti umani è quella che ha rimodellato l’Europa antica cristiana trasformandola in una creatura più simile a quella che volevano i nascenti finanzieri e banchieri che si sono imposti sulla scena politica europea tra il XVII e il XVIII secolo.
Nel suo saggio, “I pionieri della rivoluzione russa” , l’intellettuale ebreo, Angelo Rappaport scriveva quanto segue.
“Molto prima che questi fossero formulati in francese, i principi dei Diritti dell’Uomo furono annunciati in ebraico.”
Rappaport esalta lo spirito rivoluzionario ebraico che è stato il padre, per così dire, del culto dei diritti umani che si è imposto dopo la rivoluzione francese e che ha cercato con ogni mezzo di sostituire la religione cristiana.
Questo è il passaggio che si è compiuto con il 1789 della Francia e questo è il sistema di “valori” che si è imposto sull’Europa.
Quello che preoccupa adesso questi signori è la fine del vecchio mondo liberale che essi avevano costruito.
L’America e il resto del mondo piuttosto che andare verso una ulteriore centralizzazione del potere verso le organizzazioni sovranazionali e i superstati voluti da Kalergi e Churchill si incammina nella direzione opposta.
L’internazionalismo muore, la globalizzazione si smantella, l’apparato militarista della NATO è sempre più in crisi e l’arma finanziaria di questo conglomerato, il dollaro, perde sempre più influenza.
I popoli riscoprono la voglia e la necessità di tornare alle loro origini e alle loro antiche tradizioni.
Muore di conseguenza il liberalismo che aveva la pretesa di sostituire le radici cristiane dell’Europa per assecondare il potere di questa lobby.
Questo è ciò che sconcerta di più personaggi quali Foer. Li sconcerta che sia finito il secolo XX. Li sconcerta che sia finito il secolo ebreo.