L’EUROPARLAMENTO VOTA PER INSERIRE L’ABORTO TRA I DIRITTI FONDAMENTALI

Con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astenuti, il Parlamento europeo ha dato ieri il semaforo verde a una risoluzione – non vincolante –, che chiede espressamente di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Nel testo, l’Eurocamera ha infatti chiesto che l’articolo 3 della Carta sia modificato, affermando che “ognuno ha il diritto all’autonomia decisionale sul proprio corpo, all’accesso libero, informato, completo e universale alla salute sessuale e riproduttiva”, nonché “a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale”. La risoluzione sollecita i Paesi UE a “depenalizzare completamente l’aborto”, come previsto dalle linee guida dell’Oms del 2022, e “a rimuovere gli ostacoli all’interruzione volontaria di gravidanza”, esortando Polonia e Malta ad “abrogare le loro leggi e altre misure che lo vietano e lo limitano”. Hanno votato a favore liberali, socialisti, Verdi e Sinistre, mentre i Popolari si sono divisi. Hanno votato contro i Conservatori (Ecr) e i sovranisti di destra ed estrema destra del Pe (Id).

di Stefano Baudino fonte L’INDIPENDENTE

NOTA DI REDAZIONE – La nostra opinione: Noi concepiamo l’interruzione di maternità entro i primi mesi di gravidanza in caso di subita violenza da parte della donna, in caso di certezza che il bimbo atteso sia gravemente malformato o disabile. In tutti gli altri casi di gravidanza indesiderata, per rispetto della vita umana, l’aborto non può essere la soluzione. Occorre supportare le future mamme e i bimbi, entrambi vittime di questa incredibile decisione. L’Europa si è avviata da tempo verso il relativismo, questo è contrario al nostro sentire e alla nostra visione della vita. Questa Europa non ci piace. Invitiamo il Governo ad accelerare l’educazione sessuale nelle scuole invece di intervenire a “guaio combinato” almeno per i giovanissimi.

In commissione Cultura è ferma da mesi una legge per l’educazione sessuale nelle scuole

Nonostante almeno 8 italiani su 10 si dicano assolutamente favorevoli all’introduzione dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole, sul tema la politica rimane ripiegata su se stessa e, di fatto, ferma al palo. Sin dalla scorsa Legislatura, infatti, giace alla Camera dei Deputati una proposta di legge per l’introduzione della materia all’interno degli istituti scolastici, a prima firma Stefania Ascari (M5S), che in sei anni non è mai riuscita a vedere la luce, e che è stata nuovamente depositata in commissione Cultura dopo l’insediamento del nuovo Parlamento. Si tratta, nello specifico, di una norma che si pone l’obiettivo di promuovere percorsi formativi che favoriscano lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e l’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale attraverso ingredienti come lo sviluppo dell’empatia e delle competenze socio-emotive, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la prevenzione e il contrasto di ogni forma di discriminazione e la tutela del diritto all’integrità personale, della dignità umana e dell’uguaglianza. La proposta è attualmente in discussione alla Commissione Cultura della Camera. Il mondo dei partiti, però, resta molto diviso.

Nella proposta di legge, composta da tre articoli, si mette espressamente nero su bianco che per “educazione sessuale” si intende “l’insieme degli interventi educativi destinati alle alunne e agli alunni delle scuole secondarie di primo e di secondo grado” atti a perseguire “una piena e compiuta consapevolezza della sessualità, nel pieno rispetto e riconoscimento dei valori di uguaglianza, pari dignità e rispetto dell’altro”. Lo si fa, soprattutto, con l’obiettivo di “prevenire e di fronteggiare ogni forma di disagio in ambito scolastico, familiare e sociale, nonché i comportamenti a rischio quali il bullismo, il cyberbullismo o qualsiasi altra forma di prevaricazione e violenza di genere”. A tal fine, la proposta contempla l’istituzione di un Fondo – sulla base di una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 – finalizzato al finanziamento di interventi a favore dell’insegnamento della materia, alla crescita e alla maturazione psico-affettiva e socio-relazionale degli studenti, imperniata sulla conoscenza e il rispetto di sé e dell’altro, nonché alla responsabilità sociale e alla valorizzazione della diversità di genere. Inoltre, nella pdl si prevede che, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, vengano stabilite con decreto le linee guida per l’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale, in cui siano individuati “specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e obiettivi specifici di apprendimento”, nonché modalità e criteri di definizione di “accordi e progetti di collaborazione” finalizzati alla realizzazione dei percorsi formativi “con le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere di riferimento, i consultori e il personale medico-sanitario specializzato che opera nell’ambito del SSN”, nonché “con l’ordine degli psicologi e le associazioni dei pedagogisti”.

«Sono oltre 40 anni che vengono scritti provvedimenti per contrastare la violenza di genere, con cui sono state abrogate leggi abominevoli come il matrimonio riparatore, il delitto d’onore e lo ius corrigendi – spiega Stefania Ascari, prima firmataria della proposta di legge, a L’Indipendente -. Eppure, nonostante si sia intervenuti efficacemente sul reato di violenza carnale, divenuto di violenza sessuale con la messa al centro del bene giuridico dell’autodeterminazione, nonché con il recepimento della Convenzione di Istanbul e il Codice Rosso, nel 2024 viene uccisa una donna ogni due giorni. E se le leggi ci sono, cos’è che non sta funzionando? Il fatto che sul tema non sia stata avviata una vera e propria rivoluzione culturale che vada a modificare la mentalità che ci portiamo dietro, cioè quella dote pesante di patriarcato sociale, misoginia, sessismo, omertà e incapacità di amare». Una rivoluzione culturale che, secondo Ascari, non può che partire dalle scuole. «In questa proposta di legge, nata ascoltando studenti, insegnanti, associazioni e vittime di violenza di genere, intendiamo avviare fin da subito percorsi di educazione affettiva, dando spazi imparziali a studenti e studentesse in cui possano essere messe sul piatto domande a cui siano chiamati a rispondere psicologi, psichiatri, esperti di linguaggio, associazioni e vittime, sulla base di un confronto costante». Un confronto che, effettivamente, oggi manca del tutto, sia in ambito scolastico che, molto spesso, nel contesto familiare. Infatti, prosegue Ascari, «oggi i ragazzini vanno alla ricerca di queste risposte in rete senza avere un pacchetto di strumenti per affrontare i suoi meandri, finendo per farsi educare dalla pornografia». Per questo motivo, sostiene la deputata «è essenziale che gli insegnanti siano efficacemente formati: anche e soprattutto a questo servirà il Fondo previsto nella pdl, che garantirà che questi percorsi, atti a fornire un “alfabeto delle emozioni”, siano sistematici e continuativi, vedendo il coinvolgimento delle famiglie». Tale progetto, puntualizza Ascari, sarà portato avanti «nel rispetto dell’età e delle idonee modalità» e metterà al centro il concetto di prevenzione, per scongiurare sin da subito «il continuo circolo di infezioni e malattie sessualmente trasmissibili, nonché l’avvento di gravidanze indesiderate».

Attualmente, il testo è in discussione in Commissione Cultura a Montecitorio. È stato nuovamente presentato alla Camera lo scorso novembre, in seguito a una prima proposizione nel 2018, che nella precedente legislatura non aveva avuto alcun seguito. Sebbene oltre l’80% degli italiani si esprimano favorevolmente rispetto alla prospettiva dell’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, i partiti restano infatti molto divisi, con un centrodestra di governo che appare monoliticamente contrario alla proposta, mentre qualche apertura la si scorge tra le frange progressiste del Parlamento. «Noi siamo aperti a trovare sponde in maniera trasversale: questo testo non deve avere un colore politico», conclude Stefania Ascari.

Diversi studi hanno fatto una valutazione dell’impatto che ha avuto l’introduzione di programmi nazionali a lungo termine di educazione alla sessualità in alcuni paesi. Tra i risultati tangibili, ci sono la riduzione delle gravidanze e degli aborti in età adolescenziale, delle infezioni sessualmente trasmissibili fra i giovani tra i 15 e i 24 anni, degli abusi sessuali e dell’omofobia. Coinvolgere già i più piccoli in momenti di educazione sessuale e affettiva appare sempre più essenziale per contribuire a che essi sviluppino la capacità di gestire le proprie emozioni e mettere dei confini di fronte a situazioni spiacevoli, rinforzando a livello sociale gli elementi di parità e sapendo riconoscere stereotipi di genere, linguaggi non rispettosi, immagini allusive, pubblicità sessiste, tutti elementi diffusi nella comunicazione (anche pubblicitaria e mediatica) del mondo degli adulti che possono alimentare, se non ben decodificati, comportamenti irrispettosi e violenti. Molta attenzione negli ultimi anni è stata infatti dedicata da parte di ricercatori al fenomeno delle teen dating violence (TDV), ovvero quell’insieme di atti di coercizione, prevaricazione e controllo che si concretizzano all’interno di relazioni intime tra adolescenti e si mettono in atto attraverso comportamenti violenti, aggressivi e di dominazione. Tutti sintomi di un approccio deviato al mondo delle relazioni e del sesso che l’educazione affettiva ha l’obiettivo – e, da quanto raccontano i numeri, anche l’efficacia – di arginare.

di Stefano Baudino fonte L’INDIPENDENTE