Quando non riesce a centrarli con una bomba, li arresta. È il modus operandi di Israele con i giornalisti che riportano la verità (almeno 128 giornalisti assassinati nell’ultimo anno). Il reporter di The Grayzone, Jeremy Loffredo, è stato incarcerato per aver divulgato informazioni sugli attacchi iraniani. Le accuse derivano dal rapporto di Jeremy per The Grayzone che mostra le conseguenze degli attacchi iraniani contro obiettivi militari e di intelligence all’interno di Israele, stessi luoghi apertamente menzionati in servizi trasmessi su ABC News e PBS, nessuna delle quali al momento affronta simili accuse. Il giudice che supervisionava il caso di Jeremy lo aveva scagionato ordinandone il rilascio, ma la polizia ha fatto ricorso contro la decisione. Ufficialmente la polizia lo sta trattenendo “per sospetto di gravi reati contro la sicurezza per aver postato pubblicamente le posizioni dei lanci di missili vicino o all’interno di strutture di sicurezza sensibili, con l’obiettivo di portarle a conoscenza del nemico e quindi assisterlo nei suoi attacchi futuri.” Le dichiarazioni di The Grayzone: “Respingiamo inequivocabilmente queste accuse scandalose della polizia israeliana. Sosteniamo il legittimo reportage di Jeremy. L’affermazione che Loffredo e The Grayzone rappresentino il nemico di Israele in tempo di guerra suggerisce semplicemente che il governo israeliano vede il popolo americano e la libera stampa come un obiettivo legittimo. Noi non rappresentiamo nessun altro. Combatteremo queste accuse e vi chiediamo di contattare il Dipartimento di Stato e di sollecitarlo ad agire in difesa del loro cittadino detenuto in Israele. Gli Stati Uniti hanno l’obbligo di difendere i loro giornalisti che stanno semplicemente rispettando il loro obbligo etico di informare il pubblico dei fatti pertinenti.” Intanto uno dei colleghi di Jeremy ha pubblicato un resoconto straziante dell’arresto e degli abusi subiti dalle autorità israeliane: “I soldati hanno chiesto illegalmente ai giornalisti di consegnare i loro telefoni e, quando si sono rifiutati, hanno puntato una pistola contro uno dei giornalisti, lo hanno colpito con le mani e con la canna di una pistola, poi lo hanno trascinato fuori dall’auto e lo hanno sbattuto sul cemento. Quando è stato steso a terra, gli hanno puntato 2 pistole alla testa. Il resto dei giornalisti è uscito dall’auto e i militari l’hanno perquisita, confiscando telefoni, macchine fotografiche e oggetti personali […] Gli altri quattro giornalisti sono stati ammucchiati uno sopra l’altro in una jeep militare e portati in una base militare. Lì sono stati tenuti bendati e ammanettati sul pavimento per due ore, mentre venivano insultati e interrogati dai soldati. I soldati hanno detto alla fotografa israeliana che meritava di essere violentata da Hamas. […] Alla stazione, i giornalisti sono stati costretti a farsi fotografare davanti a una bandiera israeliana con uno slogan nazionalista, mentre gli ufficiali li insultavano. Un giornalista è stato minacciato di violenza fisica per aver sorriso.” E gli Stati Uniti muti, in barba allo US Code Title 22, Chapter 23:
Ogni volta che viene reso noto al Presidente che un cittadino degli Stati Uniti è stato ingiustamente privato della sua libertà da o sotto l’autorità di un governo straniero, sarà dovere del Presidente chiedere immediatamente a quel governo le ragioni di tale reclusione; e se ciò sembra illegittimo e in violazione dei diritti della cittadinanza americana, il Presidente chiederà immediatamente il rilascio di tale cittadino, e se il rilascio così richiesto viene irragionevolmente ritardato o rifiutato, il Presidente utilizzerà tali mezzi, che non equivalgano a Atti di guerra e non altrimenti vietati dalla legge, che riterrà necessari e opportuni per ottenere o effettuare la liberazione; e tutti i fatti e i relativi procedimenti saranno comunicati dal Presidente al Congresso non appena possibile.
Dalla più grande democrazia del Medio Oriente è tutto.