I Pfas sono tra noi: inchiesta di Altroconsumo su 229 prodotti

Con il termine “Pfas” si fa riferimento a oltre diecimila sostanze chimiche ampiamente utilizzate nella produzione di tantissimi oggetti. Sebbene siano considerati degli “inquinanti eterni” pericolosi per l’ambiente e la salute umana – possono compromettere la fertilità, il sistema immunitario ed endocrino, dare disturbi metabolici e influire sull’incidenza di alcuni tipi di tumori – l’elenco dei prodotti che li possono contenere è infinito: si va dagli imballaggi, agli utensili per la cucina, ai tessili e a tutto ciò che è idrorepellente, antimacchia o antiaderente (i Pfas si usano per dare ai materiali questo tipo di proprietà). Si accumulano nell’organismo principalmente in maniera indiretta, attraverso l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo e la polvere che inaliamo, ma anche attraverso il contatto diretto con gli oggetti che li contengono. Alcune di queste molecole, tra cui i noti Pfoa e Pfos, sono state vietate a livello internazionale o fortemente limitate proprio per la loro pericolosità.Torna all’inizio 

Un’inchiesta internazionale

Per verificare quanto i Pfas siano presenti negli oggetti di uso quotidiano e comprendere quanto siano “vicini” a noi in ogni momento della giornata, abbiamo partecipato a un’indagine internazionale che ha coinvolto in tutto nove associazioni di consumatori europee e non su 229 prodotti.

Sono stati portati in laboratorio alla ricerca di queste sostanze quattro grandi categorie di prodotti suscettibili di contenerle:

  • tessili da cucina, come tovaglie antimacchia, presine e così via;
  • tessili d’arredamento, come cuscini da esterno e coprimaterassi;
  • prodotti per la cura della persona, come filo interdentale, cerotti,intimo mestruale e così via;
  • materiali a contatto con gli alimenti, come ad esempio carta forno, bustine da tè, sacchetti per pop corn da cuocere al microonde formine per muffin.

Le analisi si sono svolte in due fasi: per prima cosa è stato cercato il fluoro organico totale, che indica la presenza di Pfas (che sono sostanze a base di fluoro). In caso di esito positivo abbiamo cercato, quando è stato possibile riconoscerlo, il tipo di sostanza. 

Nel 70% dei prodotti, quindi nella maggioranza dei casi, non abbiamo trovato traccia di Pfas.

Nel 30% dei casi, invece, cioè in 68 prodotti su 229 li abbiamo trovati, a dimostrazione che sono ancora molto utilizzati.

In 21 prodotti positivi allo screening non siamo stati in grado di identificare la sostanza.

In 47 prodotti, invece, cioè nel 21% dei campioni, abbiamo trovato Pfas vietati o sopra i limiti Ue in vigore o che lo saranno dal 2026,quando entrerà in vigore il regolamento Ue 2024/2462 che prevede un’ulteriore stretta su alcune di queste sostanze:

  • 20 prodotti sono risultati non conformi perché contengono Pfas sopra i limiti della legge o, nei casi più gravi, non autorizzati, come i nocivi Pfoa trovati in una tovaglia antimacchia comprata in Norvegia;
  • 27 prodotti diventeranno non conformi a partire dal 2026.

A livello internazionale, tra tutte le categorie di prodotti, quelle in cui sono state trovate più spesso queste sostanze sono: 

  • cerotti per sportivi (100% dei campioni);
  • tovaglie (83%);
  • grembiuli (80%);
  • spray impregnanti (67%).

In alcuni casi è stato trovato fluoro organico totale nelle friggitrici e nel filo interdentale, ma non è stato possibile identificare il tipo di Pfas

In Italia la situazione è un po’ meno critica

Dei 229 prodotti analizzati 59 sono stati acquistati in Italia o si trovano comunque anche nel nostro mercato. Vediamo come sono andati.

Tutti sono risultati conformi alla legge in vigore, sebbene il 24% contenga comunque sostanze perfluoroalchiliche. Dieci prodotti, però, dall’anno prossimo risulteranno non conformi.

Trattandosi di prodotti con cui stiamo ogni giorno a stretto contatto abbiamo deciso simbolicamente di bocciarli con un giudizio insufficiente: pur essendo in regola oggi saranno vietati tra pochi mesi. Nel 2026, infatti, entrerà in vigore il regolamento Ue 2024/2462 che vieta alcuni Pfas attualmente autorizzati e ne riduce i limiti per altri nella produzione di calzature, carta per alimenti, cosmetici, prodotti tessili destinati al pubblico e schiume antincendio.

Si tratta nella maggior parte dei casi di prodotti tessili per la casa, come tovaglie e cuscini, ma abbiamo penalizzato anche due prodotti per la cura della persona che restano a lungo a contatto diretto con la pelle e un imballaggio per alimenti che rimane a contatto con il cibo anche in fase di cottura. 

Le norme devono cambiare: le richieste di Altroconsumo

Nel 2026 entrerà in vigore il regolamento Ue 2024/2462 che vieta alcuni Pfas attualmente autorizzati e ne riduce i limiti per altri nella produzione di calzature, carta per alimenti, cosmetici, prodotti tessili destinati al pubblico e schiume antincendio. Un passo avanti importante per arginare queste sostanze che tuttavia non risolve definitivamente tutti i problemi legati al loro uso. Per questo, alcuni Paesi Ue hanno fatto o stanno facendo di più per bandire queste sostanze: la Danimarca, ad esempio, ha vietato tutti i Pfas nei contenitori alimentari e la Francia ha appena varato una legge che li vieta in vari ambiti, dai cosmetici alla produzione di abiti. 

L’Italia invece, nonostante sia stata teatro di un grave caso di contaminazione da Pfas delle falde acquifere in Veneto (il caso dell’azienda Miteni in provincia di Vicenza che ha disperso questi composti per anni nelle acque di scarico causando danni all’ambiente e alla salute degli abitanti di una vasta zona circostante), non ha ancora varato una legge nazionale per bandirli.

Cinque Stati membri della Ue, tra cui Germania, Paesi Bassi, Svezia, Norvegia e Danimarca hanno da poco presentato all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) una proposta ufficiale per limitare l’uso di tutti i Pfas sia nei prodotti di consumo che in quelli industriali. Si tratta di un passo molto importante per proteggere le generazioni future dai danni di questi inquinantima è fondamentale che questa proposta venga accettata al più presto, senza deroghe (di cui purtroppo già si parla) e con periodi di transizione possibilmente brevi. Nell’attesa bisogna migliorare la vigilanza sui prodotti, per assicurarsi che vengano almeno rispettate le regole attualmente in vigore nella Ue.

Chiediamo il bando dei Pfas

Riteniamo che l’uso dei Pfas dovrebbe essere vietato in tutti i prodotti per i quali il loro utilizzo non è essenziale. Come dimostrano i produttori più virtuosi di questa inchiesta, esistono già sostanze e tecniche alternative per alcune classi di prodotti che possono efficacemente sostituire questi pericolosi inquinanti eterni. 

La Francia ha appena adottato misure per vietare i Pfas in diverse categorie di prodotti, il che rappresenta un passo nella giusta direzione.  Ma la questione richiede almeno un approccio europeo, motivo per cui Altroconsumo insieme al Beuc (l’associazione che riunisce diverse organizzazioni di consumatori europee e che lavora a Bruxelles per far sentire le istanze dei consumatori del nostro continente) chiede alla Ue di procedere urgentemente per trovare una via d’uscita comune.

Come abbiamo scelto e analizzato i prodotti

I prodotti sono stati acquistati da settembre a dicembre 2024 e inviati al laboratorio dove sono stati analizzati tra gennaio e marzo 2025.

Sono stati selezionati all’interno di quattro grandi categorie quelli che dichiarano di essere repellenti allo sporco, all’olio o all’acqua:

  • tessili per la cucina;
  • tessili per l’arredamento;
  • prodotti da indossare, per l’igiene e la cura della persona;
  • materiali a contatto con gli alimenti.

Le prove si sono svolte in due fasi:

  1. Abbiamo misurato il fluoruro organico totale (Tof), che indica la presenza di Pfas, indipendentemente dalla loro esatta natura.
  2. Per tutti i prodotti con un contenuto di Tof superiore a 50 mg/kg (lo standard nella proposta di legge europea), abbiamo effettuato un’analisi mirata alla ricerca di Pfas specifici.

Fonte