Chi sarà il prossimo Papa? Ecco gli scenari geopolitici in gioco

Filippo Sardella Presidente at Istituto Analisi Relazioni Internazionali

Oggi, mercoledì 23 aprile, in un momento di grande solennità e riflessione, mentre si celebra il funerale del Papa, è inevitabile volgere lo sguardo al futuro. Con il collegio cardinalizio riunito per rendere omaggio al defunto pontefice, si apre anche una stagione di attesa e discussione sui possibili successori al soglio di Pietro. Ma chi sono i papabili? E, cosa ancora più cruciale, quali implicazioni geopolitiche porterebbero le loro eventuali elezioni? In un contesto in cui la Chiesa Cattolica riveste ancora un ruolo centrale nei delicati equilibri globali, è fondamentale analizzare come ogni candidato potrebbe influenzare le relazioni internazionali, il dialogo interreligioso, e le priorità politiche e sociali del Vaticano nel mondo di oggi.
Luis Antonio Tagle (Filippine)

Pro: La scelta di Tagle rifletterebbe l’importanza strategica dell’Asia nella geopolitica contemporanea. La sua elezione potrebbe consolidare il ruolo della Chiesa nelle periferie globali, soprattutto in un contesto asiatico dove la popolazione cattolica è in crescita. Inoltre, il rafforzamento di un ponte tra Occidente e Asia consentirebbe di bilanciare l’influenza delle potenze regionali (Cina e India) e rafforzare la presenza cattolica in territori ancora in evoluzione religiosa e politica.
Contro: La sua figura progressista e fortemente francescana potrebbe alienare le fazioni più conservatrici, rendendo difficile un consenso globale all’interno della Chiesa. Inoltre, potrebbe incontrare resistenze da parte di quei Paesi che vedrebbero una leadership papale “troppo asiatica” come uno sbilanciamento geopolitico rispetto alla tradizionale centralità europea della Chiesa.
Matteo Zuppi (Italia)

Pro: Un pontefice italiano come Zuppi riporterebbe il papato alla tradizione storica dell’Italia, mantenendo il Vaticano vicino ai centri nevralgici dell’Europa e alla sede storica della diplomazia vaticana. La sua esperienza diplomatica, inclusa la mediazione in Ucraina, potrebbe rafforzare il ruolo della Chiesa come attore geopolitico nei conflitti internazionali e nelle relazioni euro-atlantiche.
Contro: La scelta di un italiano potrebbe essere vista come un passo indietro rispetto al pontificato globale di Francesco, minando la percezione della Chiesa come istituzione universale. Inoltre, il suo approccio progressista moderato potrebbe non soddisfare né i conservatori né i riformisti più radicali, riducendo la sua capacità di creare una forte coalizione geopolitica all’interno del collegio cardinalizio.

Peter Erdő (Ungheria)

Pro: Un papa ungherese segnerebbe un passo storico per l’Europa orientale, rafforzando il peso geopolitico di questa regione nella Chiesa cattolica. La sua posizione conservatrice e dottrinale più rigida potrebbe attrarre quei cardinali e fedeli che cercano una risposta chiara alla crescente secolarizzazione in Europa e alle sfide poste dalle migrazioni di massa.
Contro: L’Est Europa non ha ancora una forza numerica sufficiente nel collegio cardinalizio, il che potrebbe rendere la sua elezione difficile. Inoltre, la sua linea conservatrice rischia di alienare i progressisti del Sud del mondo, compromettendo l’unità geopolitica globale della Chiesa.

Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo)

Pro: La sua visione progressista e l’apertura verso tematiche sociali e ambientali potrebbero rafforzare il ruolo della Chiesa come leader morale globale in questioni transnazionali, quali il cambiamento climatico e le disuguaglianze economiche. La sua vicinanza a Francesco garantirebbe continuità geopolitica nelle relazioni internazionali e nelle iniziative globali.
Contro: Essendo originario di un piccolo Stato europeo, potrebbe mancare del peso simbolico e geopolitico che un candidato proveniente da una grande nazione o da una regione emergente potrebbe offrire. Inoltre, alcuni cardinali di Africa e Asia potrebbero percepirlo come troppo allineato all’agenda liberale occidentale, riducendo la sua capacità di rappresentare la Chiesa universale.

Wilton Gregory (USA)

Pro: Un papa afroamericano rappresenterebbe una scelta epocale, evidenziando il ruolo crescente dell’Africa e della diaspora africana nel cattolicesimo globale. La sua elezione potrebbe migliorare le relazioni della Chiesa con gli Stati Uniti, rafforzando al contempo il suo impegno per la giustizia sociale e la lotta contro la discriminazione.
Contro: Gli USA sono una nazione polarizzata, e la sua elezione potrebbe essere vista come una mossa geopoliticamente divisiva, allontanando alcune fazioni conservatrici globali. Inoltre, la scelta di un papa americano potrebbe essere percepita come uno sbilanciamento verso l’Occidente, indebolendo il consenso nei continenti emergenti.

Christoph Schönborn (Austria)

Pro: La sua lunga esperienza e il suo equilibrio tra tradizione e modernità potrebbero favorire una leadership stabile e diplomatica. La scelta di un papa europeo di lungo corso rafforzerebbe la continuità istituzionale della Chiesa.
Contro: L’età e il momento storico rendono la sua candidatura meno probabile, mentre un altro papa europeo potrebbe essere percepito come una mancanza di apertura verso il Sud del mondo, limitando l’influenza geopolitica della Chiesa nelle regioni in crescita.

Fridolin Ambongo Besungu (RDC)

Pro: Un papa africano invierebbe un segnale forte sull’importanza dell’Africa, continente con una crescita cattolica esplosiva. La sua voce critica verso il colonialismo e l’economia globale potrebbe dare alla Chiesa un profilo più forte nei dibattiti geopolitici globali, evidenziando questioni di giustizia sociale e disuguaglianze economiche.
Contro: Senza un forte sostegno dai cardinali europei e sudamericani, potrebbe risultare difficile costruire una coalizione vincente. Inoltre, alcune sue posizioni potrebbero essere considerate troppo distanti dalle tradizioni dottrinali europee, complicando la sua accettazione a livello universale.

Odilo Pedro Scherer (Brasile)

Pro: La sua elezione rafforzerebbe il legame con il continente latinoamericano, simbolo della più grande popolazione cattolica al mondo.
Contro: Nonostante la sua esperienza e vicinanza a Roma, manca il carisma necessario per galvanizzare il collegio cardinalizio. La sua candidatura potrebbe apparire troppo conservatrice per i progressisti e non abbastanza rigida per i conservatori, riducendo il suo appeal geopolitico.

Se guardiamo questi candidati dal punto di vista delle relazioni internazionali vaticane, possiamo riflettere su come ognuno di loro potrebbe influenzare il ruolo geopolitico del Vaticano nel mondo:
Luis Antonio Tagle (Filippine)
La sua elezione sposterebbe il baricentro della Chiesa verso l’Asia, un continente in rapida crescita e sempre più rilevante nello scacchiere globale. Tagle potrebbe rafforzare le relazioni con le nazioni asiatiche emergenti, come l’India e i paesi dell’ASEAN, contrastando indirettamente l’influenza di altre potenze religiose e culturali (ad esempio, il buddismo in Thailandia o il confucianesimo in Cina). La sua vicinanza alle periferie e ai poveri darebbe al Vaticano una posizione più attiva nei forum internazionali dedicati allo sviluppo sostenibile, al cambiamento climatico e alla giustizia economica, rendendo la Chiesa un interlocutore privilegiato nel dialogo Nord-Sud.
Matteo Zuppi (Italia)
Zuppi, con la sua solida rete diplomatica, soprattutto in Europa, potrebbe rafforzare il ruolo del Vaticano come mediatore nei conflitti internazionali. La sua esperienza con la comunità di Sant’Egidio lo rende particolarmente adatto a condurre iniziative di pace, facilitando negoziati e dialoghi in aree di crisi come l’Ucraina e il Medio Oriente. Inoltre, un papa italiano potrebbe rilanciare il tradizionale ruolo europeo della Chiesa, pur mantenendo un’apertura globale. Questo aiuterebbe il Vaticano a giocare un ruolo centrale nella politica internazionale dell’Unione Europea, facendone una voce morale capace di influenzare politiche di accoglienza, cooperazione internazionale e sostenibilità.
Peter Erdő (Ungheria)
Erdő rappresenterebbe un ponte tra l’Europa occidentale e orientale, consolidando l’influenza della Chiesa cattolica in un’area in cui il cristianesimo ortodosso e altre religioni hanno una presenza storica significativa. La sua elezione potrebbe ridurre la percezione di marginalità dell’Europa orientale all’interno del Vaticano, favorendo un dialogo più equilibrato con le nazioni dell’ex blocco sovietico. In ambito globale, Erdő potrebbe cercare di recuperare terreno su temi culturali e dottrinali, affrontando questioni legate alla secolarizzazione e proponendo la Chiesa come custode delle tradizioni europee. Tuttavia, la sua inclinazione conservatrice potrebbe limitare l’apertura verso i Paesi del Sud del mondo, rendendo il Vaticano meno rilevante nei processi di dialogo globale.
Jean-Claude Hollerich (Lussemburgo)
Hollerich, pur provenendo da un piccolo paese europeo, ha una visione globale che si allinea con le sfide internazionali contemporanee. La sua apertura progressista potrebbe posizionare il Vaticano come leader su temi transnazionali come il cambiamento climatico, i diritti umani e le disuguaglianze economiche. Questo approccio gli consentirebbe di rafforzare le relazioni con organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, rendendo la Chiesa una guida morale nelle discussioni globali. Tuttavia, la sua provenienza europea potrebbe limitarne l’appeal nei continenti emergenti, riducendo il potenziale di un Vaticano più universalmente rappresentativo.
Wilton Gregory (USA)
Gregory rappresenterebbe un’apertura simbolica epocale, proiettando un’immagine di Chiesa moderna e inclusiva. Come primo papa afroamericano, rafforzerebbe le relazioni tra il Vaticano e la diaspora africana, così come con i Paesi africani. Negli Stati Uniti, potrebbe favorire un ruolo di guida morale in un contesto politico e sociale molto polarizzato, rilanciando la rilevanza della Chiesa cattolica americana come interlocutrice nei dialoghi su diritti civili, giustizia razziale e immigrazione. La sua elezione potrebbe anche rafforzare le relazioni con l’America Latina, consolidando un asse nord-sud che sarebbe fondamentale per la geopolitica della Chiesa.
Christoph Schönborn (Austria)
Schönborn, con la sua formazione teologica e il suo centrismo, potrebbe diventare un punto di equilibrio tra le diverse anime della Chiesa. Sebbene la sua età e il contesto attuale non lo rendano un candidato con alte probabilità, la sua elezione potrebbe enfatizzare il ruolo del Vaticano come mediatore nei dibattiti culturali europei. Inoltre, la sua esperienza potrebbe aiutare la Chiesa a dialogare con altre tradizioni cristiane, specialmente ortodosse, rafforzando un’alleanza pan-cristiana in contesti geopolitici difficili, come il Medio Oriente e l’Est Europa.
Fridolin Ambongo Besungu (RDC)
Ambongo porterebbe l’Africa al centro del palcoscenico globale del Vaticano. La sua elezione rifletterebbe il peso crescente del cattolicesimo africano e aiuterebbe a rafforzare le relazioni della Chiesa con i Paesi in via di sviluppo, specialmente in un continente dove la popolazione cattolica è in rapida crescita. Con lui, il Vaticano potrebbe diventare una voce più forte contro il neocolonialismo economico, a favore della giustizia globale e della redistribuzione delle risorse. Tuttavia, per ottenere un consenso più ampio, sarebbe necessario un sostegno significativo dalle fazioni europee e sudamericane.
Odilo Pedro Scherer (Brasile)
La sua elezione rappresenterebbe una scelta più tradizionale per l’America Latina, il che consoliderebbe il ruolo di quella regione come cuore demografico del cattolicesimo mondiale. Scherer potrebbe guidare il Vaticano in un dialogo più profondo con i governi latinoamericani, affrontando questioni come le disuguaglianze sociali, la criminalità e le migrazioni. Tuttavia, la mancanza di carisma e l’assenza di un forte profilo internazionale potrebbero rendere difficile l’espansione dell’influenza geopolitica del Vaticano oltre i confini regionali.
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