
La Corte di Cassazione ha ha respinto il ricorso del Ministero dell’Interno contro la decisione della Corte d’Appello di Roma nel febbraio 2024 di disapplicare il decreto ministeriale del 2019 dell’allora Ministro degli Interni Matteo Salvini con cui si eliminava la dicitura ‘genitore’ per tornare ad utilizzare al suo posto quelle di ‘padre’ e ‘madre’ nei documenti dei figli.
La decisione della Cassazione: “No a ‘madre’ e ‘padre’ nei documenti dei figli”, torna la dicitura “genitori”
La Corte di Cassazione con la sentenza 9216/2025 ha confermato il diritto di un minore, figlio di due donne, ad “ottenere una carta d’identità rappresentativa della sua peculiare situazione familiare“, che riporti in questo caso la dicitura ‘genitori‘ al posto di ‘padre‘ e ‘madre‘. Con la decisione della Corte, è stato respinto il ricorso presentato da Piantedosi
Secondo il decreto del ministero dell’Interno, allora a guida di Matteo Salvini, era possibile “indicare in maniera appropriata solo una delle due madri”, mentre la relazione familiare con l’altra donna doveva essere indicata “secondo una modalità (‘padre’) non consona al suo genere“. Il decreto Salvini, volto a “difendere la famiglia naturale fondata sull’unione tra uomo e donna“, andava a modificare una risoluzione del governo Renzi del 2015 che aveva sostituito le indicazioni tradizionali sulla carta di identità con la parola ‘genitori’. Nel febbraio 2024 l’attuale Ministero degli Interni aveva fatto appunto ricorso contro la decisione del Tribunale di Roma che annullava, in questo modo, l’efficacia del decreto Salvini. Tuttavia la Cassazione ha riconosciuto come legittima la disapplicazione del decreto Salvini sulla base dell’assunto che “la dicitura ‘padre’/ ‘madre’ sulla carta d’identità elettronica è irragionevole e discriminatoria“.