La Storia del Vero Gelato Artigianale

Chi ha vissuto la mia epoca (1960) sa che il nome VIEL era sinonimo di frullati da urlo, sempre pronti e sempre fantastici. Allora VIEL si trovava in Foro Bonaparte e in Piazza Diaz ed era una meta fiss di chi usciva dal cinema del sabato e della domenica pomeriggio. Con tanta nostalgia ho cercato sul web e, meraviglia, ho scoperto che VIEL esiste ancora e ne ho letto anche la storia. Fatelo anche voi, lo merita

Manuela Valletti

La storia delle gelaterie Viel inizia negli anni ’40, quando i fratelli VIEL lasciano Quantin un piccolo paese di montagna in provincia di Belluno alla volta di Milano, dove iniziano la loro attività lavorativa, vendendo caldarroste d’inverno e gelati durante la stagione estiva, mediante l’utilizzo di carretti ambulanti che percorrevano l’intera città stazionando poi davanti alle scuole.

cesti natalizi viel

Al termine della guerra i Viel affittarono un locale nel centro di Milano (Via Marconi) che divenne, con il passare del tempo, un punto di riferimento per i cittadini, anche per la novità del modo di considerare la frutta: non più un complemento del pranzo ma un prodotto che poteva competere con il dessert.
A distanza di un decennio dall’apertura del primo locale, a causa dell’ampliamento degli affari e della crescita delle famiglie, agli inizi degli anni ’60, i Viel aprirono in rapida successione altri quattro locali; rispettivamente in Via Crema (spostatosi poi in Via Torino), in Corso Buenos Aires, in Piazzale Istria e in Largo Cairoli.

Quest’ultimo per la struttura del locale stesso (con i tavolini sia all’interno che all’esterno del locale) e per la posizione strategica che occupava (situato tra via Dante ed il Castello Sforzesco) divenne uno dei locali più affollati e caratteristici della città.

L’attività dei Viel si è consolidata negli anni grazie anche al lavoro della generazione successiva che ha ereditato dai propri genitori l’arte di tagliare la frutta. Quest’ultima generazione ha cercato di creare una certa omogeneità tra i diversi locali sia per ciò che riguarda l’arredamento, sia per il tipo di prodotto e servizio offerto, in modo tale che il cliente riconosca di fatto nei negozi Viel un comune denominatore, caratterizzato dalla cura artigianale, dall’attenzione al cliente e dalla naturalità dei prodotti, pur essendo ogni locale indipendente e gestito individualmente.

la storia Viel

Negli ultimi anni i Viel hanno diversificato la loro produzione, affiancando ai loro prodotti tradizionali nuovi prodotti come Choco Kebab, Crêpes, waffel, frozen yougurt, centrifugati, le cioccolate calde (anch’esse servite con il gelato VIEL), in modo tale da poter competere in un mercato in costante crescita ed evoluzione.

Oggi i negozi Viel rappresentano una sorta di rete della qualità e sono un punto di riferimento per Milano: chiusi i negozi di Via Torino, di Piazzale Istria e, non per volontà della famiglia, di Largo Cairoli, i nuovi punti vendita di Viale Abruzzi e Viale Monza si affiancano al locale storico di Corso Buenos Aires.

Un ringraziamento particolare va sicuramente ai cinque fratelli che per primi iniziarono l’attività in Milano: Celso, Alfredo, Roberto, Tarcisio e Lucio; ma come qualcuno ha detto in passato: “Dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”, quindi un grazie speciale va a Rosita, Bruna, Giancarla, Maria e Franca.

Visita il sito Viel1948.xyz

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Viel Gelateria Milano

Corso Buenos Aires 15

Milano – 20124

Tel 02.29516123

Siamo sempre Aperti!

Viel è sinonimo di qualità, la nostra cura e scelta dei prodotti ci ha permesso di diventare un punto di riferimento per gli amanti del Gelato Artigianale. Per offrirvi il massimo abbiamo deciso di esserci SEMPRE 7 giorni su 7!

 Lun – Gio 8:00am – 01:00am (GMT +1)

 Ven – Sab 8:00am – 02:00am (GMT +1)

 Domenica 8:00am – 01:00am (GMT +1)

Sanzionati dagli USA piccoli imprenditori italiani che cooperavano con la Russia

Il Tesoro Usa ha sanzionato cittadini italiani. Ad annunciarlo ieri l’Office of Foreign Assets Control (Ofac). Questi guerrafondai che qui chiamano alleati non si limitano più a sanzionare solo i Paesi con i quali sono in guerra, ma adesso prendono di mira anche aziende e manager di nazioni alleate.

I nomi italiani inseriti nella lista sono:

– Flavio Graziottin, 81 anni, responsabile della Idronaut di Brugherio.

– Massimo Falchini, 53 anni, amministratore unico della Fagima Fresatrici di Barberino Tavarnelle.

– Giulio Sfoglietti, 64 anni, socio della Microlab di Roma.

– Fulvio Salvadori, 58 anni.

Questi imprenditori e manager rappresentano realtà tipiche del tessuto di piccole imprese italiane. Sostanzialmente queste sanzioni segnano la fine dell’attività lavorativa per queste persone perché grazie alle sanzioni Usa non potranno più cooperare con la Russia e vengono estromessi anche dal mercato occidentale. Giorgia Meloni, la “sovranista e patriota”, ha qualcosa da dire?

GiuseppeSalamone

IL MINISTRO DEGLI ESTERI UNGHERESE PÉTER SZIJJÁRTÓ:

L’UE è fatalmente indebolita. Perché l’UE non è in grado di proteggere i suoi due Stati membri dalle interferenze del [Paese- ndr] candidato in una questione così importante come la sicurezza energetica. Guardate, da un po’ di anni, ormai, l’UE si ridicolizza per il fatto che gran parte delle infrastrutture che garantiscono la sicurezza energetica dell’Europa è stata fatta esplodere in un attacco terroristico.L’esplosione del Nord Stream viene trattata come se non fosse mai avvenuta.

Non crediamo nei risultati di questa indagine, che due istruttori subacquei con tre studenti entusiasti abbiano fatto esplodere Nord Stream. È esagerato. È stato un atto di terrorismo. E se lo Stato è stato coinvolto in questo atto di terrorismo, è più vicino alla realtà che la versione dei subacquei, se lo Stato è stato coinvolto, allora si tratta di terrorismo di Stato.

Terrorismo sponsorizzato dallo Stato, organizzato dallo Stato. E quindi la risposta, o la reazione, dovrebbe essere di conseguenza”.

| RETE Info Defense |

Astronomi amatoriali scoprono un corpo celeste che sfreccia a 1,6 milioni di km/h!

Subnana di tipo L

Un team di astronomi amatoriali scopre, grazie a un progetto di citizen science, una subnana superveloce che potrebbe persino sfuggire alla Via Lattea.

Recentemente, un gruppo di astronomi amatoriali ha scoperto un oggetto straordinario nei confini della nostra galassia, la Via Lattea: una subnana di tipo L (una stella con massa molto bassa e bassa luminosità, che emette principalmente luce nell’infrarosso e ha una temperatura superficiale più bassa rispetto alla maggior parte delle stelle) battezzata CWISE J1249+3621, che viaggia a una velocità elevatissima, tale da suggerire che potrebbe sfuggire all’attrazione gravitazionale della Via Lattea.

Grazie agli infrarossi. Questo oggetto è stato individuato grazie al progetto di citizen science “Backyard Worlds: Planet 9”, il quale sfrutta i dati infrarossidel telescopio WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer, un telescopio spaziale lanciato dalla NASA per mappare il cielo nell’infrarosso): gli autori della scoperta hanno pubblicato lo studio su Astrophysical Journal Letters (una versione preliminare è qui).

CWISE J1249+3621 è una subnana con caratteristiche uniche: ha una temperatura superficiale stimata tra 1715 e 2320 Kelvin (equivalenti a circa 1.442-2.047 gradi centigradi) e una composizione chimica relativamente insolita, povera di metalli, che fa supporre si tratti di un oggetto abbastanza antico.

A tutta birra. La sua velocità, poi, è impressionante: circa 456 chilometri al secondo (circa 1.641.600 km/h), abbastanza da consentirle, potenzialmente, di sfuggire alla gravità della nostra galassia.

Almeno due scenari sono stati proposti per spiegare la velocità estrema di CWISE J1249+3621: il primo suggerisce che l’oggetto provenisse originariamente da un sistema binario con una nana bianca, che è esplosa come supernova dopo aver accumulato troppa materia dalla sua compagna, espellendo CWISE J1249+3621 nello spazio. L’altrapossibilità è che provenisse da un ammasso globulare (un insieme sferico di stelle molto antiche, legate tra loro dalla gravità, che orbita attorno al centro di una galassia), dove l’incontro casuale con una coppia di buchi neri avrebbe lanciato l’oggetto fuori dall’ammasso a velocità elevata.

Nuove domande. L’identificazione di questo oggetto enigmatico apre nuove domande sul destino e sull’origine di tali corpi celesti. Potrebbe essere il rappresentante di una popolazione più vasta di oggetti simili, che hanno subito accelerazioni estreme. Se confermato, CWISE J1249+3621 sarebbe la prima subnana di massa molto bassa scoperta a questa velocità, fornendo una possibilità unica per studiare le dinamiche estreme all’interno e ai margini della nostra galassia.

Fonte

EX AMBASCIATORE USA A FOREIGN POLICY: “GLI USA HANNO FINITO LE ARMI DI RICATTO CONTRO LA RUSSIA”

L’ex ambasciatore statunitense a Mosca John Sullivan, intervistato da Foreign Policy, ha ammesso che gli Stati Uniti stanno esaurendo le loro armi di ricatto contro la Russia.

“Se ci fosse qualcosa che possiamo fare per fare pressione sulla Russia e obbligarla a piegarsi alla nostra volontà, l’avremmo già usata in Ucraina. Con che cosa li minacceremo ora? Li abbiamo colpiti con un sacco di armi in Ucraina. Se disponessimo di armi migliori con cui colpirli, le useremmo già in Ucraina oggi”.

Sullivan ha anche espresso una visione pessimistica sul futuro dell’Ucraina, affermando che il conflitto “non finirà con la capitolazione di Putin”. Ha poi aggiunto: “Una situazione di stallo è il meglio che possiamo sperare nel prossimo futuro”.

Caldo infernale a Milano: le previsioni meteo in Lombardia. Quando finirà l’afa? La vera tregua è lontana

Picchi di quasi 40 gradi sulla regione con un diffuso e forte disagio da calore. Ma quando torneremo a respirare? Bisognerà attendere (almeno) l’arrivo del week-end

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Caldo infernale a Milano: le previsioni meteo in Lombardia. Quando finirà l’afa? La vera tregua è lontana

Picchi di quasi 40 gradi sulla regione con un diffuso e forte disagio da calore. Ma quando torneremo a respirare? Bisognerà attendere (almeno) l’arrivo del week-end

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Per approfondire:

Milano – Per chi è rimasto a Milano Lombardia saranno (ancora) giornate di caldo rovente. Nessuna tregua dall’afa almeno fino a dopo Ferragosto, che si preannuncia “infernale”. La domanda che tutti si pongono è solo una: quando si tornerà a respirare? La risposta non piacerà a molti: un lieve calo delle temperature ci sarà, ma si dovrà attendere ancora un po’, probabilmente oltre il week-end. 

Lombardia: la tregua? Un miraggio

Come ricordato da Arpa Lombardia sulla regione sino a domenica si rafforza infatti un promontorio anticiclonico di matrice subtropicale sul Mediterraneo centro-occidentale. Da lunedì una blanda ondulazione nordatlantica, allungandosi verso la Penisola Iberica e la Francia, farà cedere leggermente il promontorio anticiclonico sulle regioni italiane occidentali, tuttavia senza effetti significavi sulla Lombardia. Sulla regione quindi persistenti condizioni di tempo stabile, con al massimo qualche occasionale rovescio o temporale pomeridiano sui rilievi. Sulle pianure temperature in aumento con picchi di oltre 38 °C tra questo fine settimana e martedì prossimo, con un diffuso e forte disagio da calore.

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Le previsioni meteo per la Lombardia di martedì 13 agosto

Le previsioni meteo per la Lombardia di martedì 13 agosto

Oggi lunedì 12 agosto 

Stato del cielo: al mattino transito di sottili velature con ampi spazi di sereno, nel pomeriggio aumento della copertura per sviluppo di cumuli sui rilievi e per il passaggio di nuvolosità medio-alta a tratti compatta, in attenuazione in serata. Precipitazioni: possibili isolati piovaschi pomeridiani sui rilievi. Temperature: minime e massime stazionarie o in leggero aumento. In pianura minime attorno a 24 °C, massime attorno a 37 °C. Zero termico: attorno a 4700 metri. Venti: in pianura deboli di direzione variabile, in montagna a regime di brezza. Altri fenomeni: disagio da calore forte sulle pianure.

Domani martedì 13 agosto

Stato del cielo: sereno o poco nuvoloso per sviluppo di cumuli pomeridiani sui rilievi e passaggio di velature, a tratti più compatte Precipitazioni: assenti, salvo occasionali rovesci pomeridiani sui rilievi centro-orientali. Temperature: minime in lieve calo, massime stazionarie o in lieve aumento. Zero termico: attorno a 4500 metri. Venti: in pianura deboli di direzione variabile, in montagna a regime di brezza con locali rinforzi pomeridiani da sud. Altri fenomeni: disagio da calore forte sulle pianure.

Brescia bollino rosso, Milano arancione per tre giorni di fila

Secondo l’aggiornamento quotidiano del Bollettino sulle ondate di calore del Ministero della Salute, da oggi a mercoledì Brescia è da “bollino rosso”, Milano da “bollino arancione”Il “bollino rosso” (livello 3) indica condizioni di emergenza (ondata di calore) con possibili effetti negativi sulla salute di persone sane e attive e non solo sui sottogruppi a rischio come gli anziani, i bambini molto piccoli e le persone affette da malattie croniche. Il “bollino arancione” (livello 2) indica condizioni meteorologiche che possono rappresentare un rischio per la salute, in particolare nei sottogruppi di popolazione più suscettibili.

Tutti in attesa della goccia fredda

Ma cosa sta succedendo in questo periodo? Il Centro Meteo Italiano ricorda che un “robusto” anticiclone con componente di matrice africana si sta espandendo nel Mediterraneo ed Europa. E questo determina condizioni meteo che almeno fino al 15 agosto saranno per lo più stabili in Italia, a eccezione di qualche isolato temporale sui rilievi. Non andrà meglio sull’Europa continentale dove si registreranno valori anche di 10-12 gradi sopra media. Le previsioni confermano un cedimento dell’alta pressione sul Mediterraneo entro il prossimo weekend con l’inserimento di una goccia fredda, portando sull’Italia una attenuazione del caldo su valori più vicini alle medie del periodo e maggiore attività temporalesca, specie al Centro-Nord e sulla Sardegna.

Per non dimenticare


LA DEPORTAZIONE
I CAMPI DI STERMINIO
LE FOIBE

Lo spazio di una pagina web non è certo sufficiente per ricordare le sofferenze di una guerra. E’ certo però che il prezzo pagato dalla nostra città nel periodo bellico ci impone una riflessione.

Ora sappiamo che le angherie e le crudeltà trovano casa nella malvagità dell’uomo prima che nel colore delle bandiere sotto cui milita, per questo motivo ricorderemo sia le stragi naziste (campi di sterminio) che quelle comuniste (foibe).

Il nostro scopo non è quello di fomentare l’odio ma quello di mantenere vivo il ricordo di un orrore, di una vergogna. Orrore e vergogna che sono ora sentimenti di tutta l’umanità.
Noi vorremmo che i giovani, giungendo casualmente sul nostro sito, comprendessero che solo tramandando il ricordo di quegli orrori si potrà evitare che si ripetano.

 

I campi di sterminio nazisti


Mauthausen Concentration Camp Memorial

Una accurata documentazione sulle deportazioni nei campi nazisti si trova sul sito dell’A.N.E.D. Associazione nazionale ex deporati politici nei campi nazisti.
le cifre che ci forniscono sono drammaticamente eloquenti.
“Nel corso della Seconda guerra mondiale circa 40.000 italiani furono strappati dalle loro case dai militi della Repubblica Sociale o dalle truppe tedesche di occupazione e deportati nei Lager che i nazisti avevano allestito in tutta Europa per l’eliminazione fisica di milioni di uomini, di donne e di bambini: oppositori politici, ebrei, zingari, omosessuali, Testimoni di Geova. Dei deportati italiani, quasi 10.000 furono gli ebrei e circa 30.000 i partigiani, gli antifascisti, i lavoratori, questi ultimi arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo 1944. Solo uno su 10 fece ritorno: il 90% finì i suoi giorni annientato dalla macchina hitleriana dello sterminio”
Sul sito si possono trovare fotografie, documenti storici, ricerche, links, bibliografia e filmografia.
L’ANED è un Ente Morale senza fini di lucro. La sua vita e le sue ricerche sono affidate al lavoro volontario e al sostegno di soci e amici.
(Le immagini sono tratte dal sito dell’Aned)

Nella nostra Milano è stata realizzato al Binario 21 della Stazione Centrale, il Memoriale della Shoah, per visitarlo occorre prenotare.

Vedi anche Deportati ALFA ROMEO – VALLETTI FERDINANDO, dirigente dell’Alfa Romeo e giocatore del Milan, che si salvò da Gusen proprio grazie al suo saper giocare al calcio.

Le foibe del Carso

 
dal sito Le foibe del Carso Triestino

“Le foibe». Un tempo la parola «foiba» apparteneva quasi esclusivamente al linguaggio degli abitanti del Carso, ai geologi, agli speleologi. Oggi è più conosciuta – ma non tanto – a seguito del lugubre significato di orrore e di morte. L’altipiano roccioso del Carso, che si estende su notevole parte della Venezia Giulia, è da paragonarsi ad una immensa groviera. Il suolo è costellato di numerose voragini – ne sono state contate 1700 – che sprofondano per centinaia di metri nelle viscere della terra, spesso percorse dalle acque. Appunto, le foibe, misteriose, impressionanti, impenetrabili. E accanto ad esse cavità di ogni genere, cunicoli, grotte, acque che scorrono fra tortuosi, profondi meandri. Alla fine dell’aprile 1945 le armate tedesche si arrendono e l’Italia, stremata e straziata, esce dal «tunnel» di una guerra disastrosa, ed esulta per la fine di tante sofferenze e per le prospettive di pace. Non così Trieste, l’Istria, le terre del confine orientale. Su di esse si avventano contro i patti, vide di conquista e di vendetta, le truppe partigiane del maresciallo jugoslavo Tito all’insegna della stella rossa. I neozelandesi, con insipiente imprevidenza degli alti comandi anglo-americani, arriveranno in ritardo e poi staranno a guardare. Trieste, l’Istria, Gorizia precipitano così dalla feroce oppressione nazista nell’altrettanto feroce oppressione slavo-comunista. Ai forni crematori e ai “lagher” della Germania subentrano le foibe e i «lagher» balcanici.”Sul sito Le foibe del Carso Triestino la dettagliata documentazione sul massacro di 10.000 persone, italiani di ogni estrazione: civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del Comitato di liberazione nazionale.

Un articolo su cui riflettere
da Il Nuovo del 25.1.2002

Le foibe sono tante, Auschwitz uno solo

di Adolfo Valente

 
Le foibe e i campi di concentramento nazisti non sono la stessa cosa.
Non perché non siano stati entrambi scenario di prevaricazione e massacro, di negazione dei diritti umani e di violenza. Non perché nei primi, come nei secondi, l’odio razziale e quello per “il diverso”, non abbiano esercitato tutta la propria arroganza. Non per questo insomma, ma proprio per questo. In entrambi, e il dato sembra ormai assodato, è stato esercitato il barbaro diritto del più forte. Del vincitore che ha tolto alle proprie vittime la libertà di pensare e parlare nel modo più vecchio del mondo: togliendogli quella di esistere. Quante volte questo sia accaduto, nella storia dell’umanità, è quasi impossibile da dire. La terra che pestiamo, è probabilmente la stessa dove lotte fratricide hanno seppellito i milioni di corpi di chi veniva considerato diverso, inferiore, o anche solo strano, e che un qualsiasi leader politico o religioso ha deciso di eliminare.
Le foibe, in questo, non rappresentano alcuna eccezione. Crateri naturali, ben nascosti, difficilmente accessibili, sembrano fatti apposta per farci sparire il cadavere di un avversario che si vuole eliminare senza troppo clamore. Chi le ha usate, ha ripetuto gesti e modalità vecchi come la Storia. Di posti così, sulla terra, ce ne saranno migliaia.
E l’odio degli uomini, dal Ruanda, alla Bosnia, non smette di crearne. I campi di concentramento nazisti ne sono un altro esempio. Ma non solo. Con le loro macabre costruzioni, l’agghiacciante precisione delle macchine che davano la morte, i forni, i campi di lavoro, la studiata pianificazione dell’umiliazione, e l’idea di “fredda ragioneria” dello sterminio che ne ispira la vista, sono diventati qualcosa di più: un simbolo.
A questa trasformazione, oltre allo scenario del quale sono circondati, hanno contribuito anche alcune circostanze contingenti: l’entrata nei campi di soldati americani muniti di cinepresa, che ha consegnato alla storia le immagini di quello scempio. La scelta di mantenere intatte alcune di quelle costruzioni, e altro ancora.
Di fatto, mentre le Foibe sono uno dei tanti luoghi dove l’intolleranza umana si è sfogata, i campi di concentramento sono ormai un monumento ai rischi del razzismo e della violenza. Perché siamo fatti così, e carichiamo simbolicamente oggetti e paesaggi perché ci servano di monito o lezione.
Perché vengono deposte corone di fiori davanti alla tomba del Milite ignoto, e non a quella del soldato semplice Ceccherini Beppe, o del milite scelto Capece Savatore. E le scolaresche, come accade per i campi di concentramento, visitano quella e non queste. Da noi invece, ognuno coltiva il proprio giardinetto privato.
E siccome Ceccherini è del Nord e Capace del Sud, l’uno o è stato ucciso dai tedeschi e l’altro dagli americani, il primo combatteva di qua e quell’altro di là, i militi ignoti dovrebbero essere due, tre, mille. E i campioni del “visto da destra” o “visto da sinistra”, devono esser sempre pronti a inforcar la penna. Così però, non è. Di fatto Auschwitz è un simbolo. E più passa il tempo, più lo diventa. E i bambini lo visitano non per imparare che i nazisti erano brutta gente, ma per capire che non si ammazza così una persona, e che nessuno, per quanto possa sembrarlo, è diverso. E perché è più facile impararlo lì, dove l’evidenza della cosa prende alla gola, che davanti a un buco nel terreno. E perché di quei buchi nel terreno, fatti da destra e fatti da sinistra, è pieno il mondo.
E i campi di concentramento, con le casette in fila perfetta costruite da buoni padri di famiglia tedeschi e i viali ordinati che finiscono nelle camere a gas ben pulite, stanno lì anche a testimoniare quanti rischi corre chi è incapace di astrarsi dai problemi contingenti, per leggere il messaggio della storia fuori dalle politiche di bottega.

NASCE IL GIARDINO DEI GIUSTI

MILANOMETROPOLI.COMIL GIARDINO DEI GIUSTI A MILANO 
 Venerdì 24 gennaio 2003 una giornata speciale al Monte Stella: viene inaugurato il Giardino dedicato dal Comune di Milano ai “Giusti di tutto il mondo” un luogo suggestivo che merita rispetto.
 
La cronaca di quel giorno:
Nasce a Milano il Giardino dei Giusti di tutto il mondo, l’inaugurazione al Monte Stella è avvenuta il 24 gennaio 2003. Sono stati piantati i primi tre alberi in onore di Moshe Bejski, Pietro Kuciukian, Svetlana Broz, fondatori dei Giardini dei Giusti di Gerusalemme, Yerevan e SarajevoL’idea di questo luogo di onore e memoria nasce da Gabriele Nissim, presidente del Comitato per la Foresta dei Giusti, che ha proposto di istituire i Giardini dei Giusti in ogni parte del mondo, per ricordare le persone comuni che hanno cercato di salvare degli esseri umani dalla persecuzione, che si sono opposti ai genocidi o alla cancellazione della loro memoria e verità.
Il primo Giardino dei Giusti è nato all’inizio degli anni ’60 a Gerusalemme, presso il Museo di Yad Vashem, per ricordare i non ebrei che hanno salvato degli ebrei durante la Shoah. L’artefice di questo progetto è stato Moshe Bejski, uno degli ebrei salvati da Oskar Schindler con la sua famosa lista. Per trent’anni Bejski ha cercato in tutto il mondo i salvatori degli ebrei per riconoscerli come giusti e piantare un albero per ciascuno di loro nel Giardino di Yad Vashem: accanto al ricordo delle vittime del Male Estremo ha voluto testimoniare il valore di coloro che hanno compiuto il Bene.
Gabriele Nissim ha raccontato la storia di Moshe Bejski e del primo Giardino dei Giusti ne libro Il Tribunale del Bene, edito da Mondadori, che uscirà in concomitanza con la ricorrenza del Giorno della Memoria, il 27 gennaio.
L’esempio di Yad Vashem è stato seguito da Pietro Kuciukian, che ha voluto ricordare i Giusti per gli armeni con un Giardino presso il Museo del Genocidio di Yerevan, in Armenia, e da Svetlana Broz, che ha proposto al Comune di Sarajevo la creazione di un Giardino dei Giusti per ricordare coloro che si sono opposti alla logica della pulizia etnica nella ex Iugoslavia, durante la guerra in Bosnia-Erzegovina.
Alla cerimonia di inaugurazione del “Giardino dei Giusti di tutto il mondo” al Monte Stella, ha presenziato il Presidente del Consiglio Comunale Giovanni Marra, Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Amos Luzzatto, l’Ambasciatore in Italia della Repubblica d’Armenia Gaghig Bagdassarian, Emanuele Fiano, consigliere comunale di Milano e Gabriele Nissim.
Il violinista Antonio Mastalli ha eseguito musiche di J.S. Bach.
 Nel corso di questi ultimi anni il Giardino dei Giusti si è arricchito anche di molte presenze italiane e milanesi.E’ in via di realizzazione il progetto di un nuovo spazio sempre a Montestella che consentirà ai visitatori di vedere e sostare in quel luogo, di assistere a conferenze e filmati.

In Europa è record di frodi sull’olio d’oliva: coinvolti numerosi produttori italiani

Nel primo trimestre di quest’anno, l’Unione Europea ha registrato un numero record di potenziali frodi sull’olio d’oliva e casi di etichettatura errata. Mentre nel 2018 l’UE aveva registrato solamente 15 casi di questo genere, il dato è salito a 50 per l’anno in corso. Tra la variazione del clima con eventi estremi e la pressione inflazionistica, che hanno spinto il costo dell’olio di oliva a salire vertiginosamente, questo mercato ha attirato numerosi truffatori. Ad esempio, cento chili di olio extra vergine di oliva di Jaén, in Spagna, costavano 787 euro nel novembre dello scorso anno, rispetto ai 262,50 euro di cinque anni prima. Con l’aumento del prezzo, è aumentato anche il numero di notifiche transfrontaliere dell’UE, che includono errori di etichettatura, potenziali frodi e casi di sicurezza che coinvolgono oli contaminati. Delle 182 notifiche di frode e non conformità dell’olio d’oliva inviate all’Unione dall’inizio del 2023 ad oggi, 54 riguardavano prodotti provenienti dall’Italia, 41 dalla Spagna e 39 dalla Grecia.

I casi in questione, analizzati in un approfondimento sul quotidiano britannico The Guardian – che cita dati rilasciati direttamente dall’Unione europea ai sensi delle leggi sulla libertà di informazione e non cita gli specifici nomi delle aziende coinvolte –, sono soltanto quelli segnalati dai Paesi membri alla direzione generale per la salute dell’UE, dal cui novero sono omessi quelli nazionali, il che spiega come la portata della frode sia probabilmente molto più alta. Sono stati attestati molti casi in cui l’olio extravergine di oliva è risultato adulterato, essendo stato mescolato con oli di qualità inferiore o più economica, nonché di casi in cui l’olio vergine di oliva era indebitamente etichettato come extravergine e diversi casi di etichette di origine fuorvianti o false. Sono inoltre emersi casi di oli contaminati da sostanze non autorizzate come pesticidi e oli minerali. In un caso, addirittura, è stato registrato il rinvenimento di frammenti di vetro nel prodotto. Nel luglio 2022 l’UE ha introdotto nuove norme sui controlli di conformità delle norme di commercializzazione dell’olio d’oliva, nonché sui metodi per analizzarlo, dunque l’aumento dei casi potrebbe essere direttamente ricollegato alla maggiore stretta attuata nell’ultimo biennio da parte delle autorità europee.

Per quanto concerne l’Italia, si evidenzia che, nel 2023, l’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e la repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) ha effettuato un’importante operazione che ha portato al sequestro di 380 tonnellate di prodotti oleosi per un valore di oltre 2 milioni di euro in varie zone dello Stivale. Le indagini hanno rivelato la commercializzazione di oli etichettati falsamente come “extravergine” quando, in realtà, non lo erano. La Guardia Civil e i carabinieri italiani, alla fine dell’anno scorso, hanno scoperto numerose frodi grazie a operazioni congiunte, come l’operazione “Omegabad”, durante la quale sono state sequestrate grandi quantità di olio adulterato in stabilimenti di diverse località, incluse la Sicilia e la Toscana. Nella cornice dell’inchiesta, sono stati effettuati 11 arresti e sequestrati oltre 260mila litri di olio d’oliva.

Stefano Baudino

Da Mendrisio a Firenze per l’analisi dei modelli di Lorenzo Bartolini

Presso la Galleria dell’Accademia di Firenze è in corso un progetto di ricerca sui modelli in gesso dell’artista ottocentesco Lorenzo Bartolini. Un progetto che vede protagonista la SUPSI (Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana) di Mendrisio che ha sviluppato il processo diagnostico oggi utilizzato a Firenze.

Questo contenuto è stato pubblicato al27 luglio 2024 – 18:00

6 minuti

Marco Messina

La Galleria dell’Accademia di Firenze è uno dei luoghi più visitati del capoluogo toscano perché ospita una delle opere scultoree più celebri al mondo: il David di Michelangelo. Ma quel luogo è anche la sede della Gipsoteca Bartolini dove sono conservati i modelli in gesso delle opere di Lorenzo Bartolini, uno dei più grandi scultori italiani dell’Ottocento e considerato l’esponente più significativo del purismo italiano.

Nelle scorse settimane le opere contenute nella Gipsoteca sono state al centro di un lungo e meticoloso lavoro che ha visto protagonisti, oltre al museo fiorentino, la “Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato” e la SUPSI, la “Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana” di Mendrisio. Un lavoro che ha come scopo lo studio tecnico delle sculture in gesso del Bartolini.

Studiare i modelli in gesso per capire il processo creativo

“Il motivo per cui è nata questa collaborazione è che a Mendrisio stiamo svolgendo un progetto analogo sulle opere in gesso dello scultore svizzero Vincenzo Vela, finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero”, ha spiegato a tvsvizzera.it Alberto Felici che è il curatore del progetto fiorentino per SUPSI nonché docente-ricercatore in Conservazione e restauro presso la Scuola di Mendrisio.

Il progetto dell’analisi tecnica delle opere in gesso di Bartolini a Firenze, dunque, utilizza il know-how e l’approccio sviluppato in Svizzera. “L’obiettivo, in entrambi i casi, è quello di studiare come sono fatti questi modelli in gesso”, spiega ancora Felici.

Ma perché è importante effettuare l’analisi di questi modelli? “Un modello in gesso è un’opera che lo scultore realizzava per trasferire la forma dall’argilla al marmo. Si tratta di un passaggio tecnico che consentiva all’artista e ai suoi collaboratori di poter realizzare l’opera finita in marmo. Ma questo processo è frutto di un lavoro di equipe che vedeva protagonista tutta la bottega dell’artista. L’analisi dei modelli in gesso ci farà capire il processo di realizzane dell’opera”, spiega Felici.

Insomma, nel processo di creazione di un’opera d’arte, l’artista rappresentava una sorta di direttore d’orchestra che coordinava il lavoro dei suoi collaboratori per poi entrare in gioco direttamente in alcune fasi, quelle in cui apponeva il suo tocco. E dunque uno degli obiettivi dell’analisi è quello di comprendere quali sono le differenze nel passaggio dal gesso al marmo così da conoscere il grado di intervento dell’artista sia nella fase iniziale che quella finale sul marmo. Un altro obiettivo del lavoro di analisi dei modelli in gesso di Bertolini è capire come sono fatti con esattezza questi modelli che all’interno contengono armature in ferro, in legno o in canna e in generale altri materiali.

Il know-how innovativo sviluppato a Mendrisio

Questo tipo di approccio all’analisi delle opere in gesso di Bartolini nasce da un incontro durante un convegno su Vincenzo Vela tra lo stesso Alberto Felici e l’allora direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze Cecilie Hollberg. “Durante quel convegno – racconta il dottor Felici – nasce l’idea di realizzare uno studio parallelo qui a Firenze rispetto al progetto Vela di Mendrisio. Questo perché la SUPSI ha messo a punto questa metodologia di lavoro e l’approccio alla diagnostica che rendono possibile il raggiungimento di risultati tanto importanti”.

In altri termini, la tecnica diagnostica sviluppata a Mendrisio non è particolarmente innovativa o peculiare. “Ciò che trovo essere molto innovativo è l’approccio sviluppato alla SUPSI, il metodo con cui si procede allo studio di queste opere: partendo dalle conoscenze storico-archivistiche, mettendo insieme le osservazioni dirette sugli oggetti in gesso e passando poi alla diagnostica scientifica vera e propria si crea quell’insieme di informazioni che servono poi a raggiungere le conclusioni che sono lo scopo di queste ricerche”, conclude Felici.

Dalle radiografie ai modelli 3D

E dunque, in cosa consistono le analisi diagnostiche effettuate sulle opere di Bartolini? “Una delle tecniche utilizzate è quella della radiografia”, spiega a tvsvizzera.it Eleonora Pucci, Funzionaria Restauratrice del museo fiorentino. “Le radiografie sono state svolte in notturna e servono per vedere la composizione interna di queste opere e i materiali che esse contengono”. Insomma proprio come le radiografie che effettuiamo noi esseri umani.

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