Lorenzo Maria Pacini per Strategic Culture Foundation – traduzione a cura di Old Hunter
Per quanto tempo ancora permetteremo agli Stati Uniti e ai loro vassalli di dettare le regole in base alle quali giudichiamo il mondo? C’è una storia di un professore all’Università che alla prima lezione di Diritto Internazionale debuttò di fronte ai suoi studenti dicendo: “Il Diritto Internazionale non esiste!”. Gli studenti erano molto perplessi: alcuni rimasero in silenzio per diversi minuti, altri iniziarono a parlare sottovoce commentando le sue parole, e alcuni lasciarono la classe pensando che il professore fosse pazzo. Una ragazza alzò la mano e chiese: “Professore, cosa intende dire? Questa è una lezione di Diritto Internazionale e lei è un insegnante esperto in questa materia, è ovvio che il Diritto Internazionale esiste”. Il professore ripeté con più serietà: “Il Diritto Internazionale non esiste!” E iniziò il corso con questa premessa, spiegando in dettaglio il significato di queste parole molto forti ma ugualmente giustificate.
Lo scorso lunedì se qualcuno fosse passato dalla parti del ghetto ebraico a Roma avrà probabilmente pensato di aver sbagliato strada.
Talmente alta era la concentrazione di politici, di esponenti del governo, delle regioni e dei comuni che ad un certo istante a chi ha visto tale raduno di personaggi sarà sembrato di essere finito dentro Montecitorio nel corso di una seduta a camere unite per l’elezione del capo dello Stato.
E invece non c’era nulla di tutto questo. Si era nella storica sinagoga ebraica di Roma, in una delle zone più antiche di Roma, a pochi passo da largo Arenula, e roccaforte di molti noti personaggi di origine ebraica, quali, ad esempio, il noto volto di La7, Enrico Mentana, che vive assieme alla sua compagna, Francesca Fagnani, proprio nel ghetto ebraico.
L’occasione era la celebrazione del 7 ottobre del 2023, quando Hamas iniziò una serie di attacchi contro lo stato di Israele che sin dal primo momento per gli osservatori un po’ più attenti ha destato subito delle perplessità sia per le modalità che potremmo definire piuttosto “cinematografiche”, considerato l’utilizzo dei parapendii da parte di Hamas, sia per il fatto che varie inchieste hanno dimostrato che quel giorno i primi ad aprire il fuoco sugli israeliani che si sono radunati al festival di Nova sono stati proprio gli uomini delle forze armate israeliane che hanno fatto una carneficina dei loro stessi compatrioti.
Il discorso, evidentemente, si potrebbe già chiudere qui poiché se è provato che sono stati i soldati israeliani ad uccidere in larga parte le persone radunatesi al festival, non siamo di fronte ad alcun “attacco terroristico” ma di fronte al più classico dei “false flag”, ovvero quelle operazioni di falsa bandiera attuate dai servizi segreti, e nelle quali il Mossad vanta una lunga esperienza, a partire da quelle nei quali le barbe finte israeliane hanno pilotato il fenomeno del terrorismo islamico per arrivare al raggiungimento dei propri fini politici e geopolitici, come l’eliminazione dei propri avversari e l’espansione dei confini di Israele.
Senza poi parlare della questione relativa ad Hamas, una vera e propria creatura dello stato ebraico, i cui protagonisti hanno candidamente ammesso di aver finanziato e aiutato pur di togliere dalla scena la vera opposizione dell’OLP di Yasser Arafat ispirata invece alla filosofia politica del socialismo arabo, che sotto certi aspetti può considerarsi una derivazione mediorientale del socialismo nazionale del quale Benito Mussolini è stato a tutti gli effetti il caposcuola nel secolo scorso.
Non sono però ovviamente questioni che interessavano ai vari saltimbanchi accorsi a presenziare all’anniversario di questo evento.
A costoro interessava soltanto baciare la pantofola di Israele per rendere omaggio ai veri padroni della democrazia liberale partorita nel secolo dei lumi dagli “intellettuali” francesi quali Voltaire e Rousseau, di stretta obbedienza massonica, e che non ha fatto altro che accompagnare un processo di scristianizzazione dell’Europa per consegnare lo scettro del potere alla finanza ebraica e alla massoneria e ai loro emissari in Parlamento, di centrodestra e centrosinistra, poiché la contrapposizione tra i due blocchi è falsa e controllata dai veri signori della democrazia che da dietro le quinte hanno in mano le redini del potere.
E c’erano proprio tutti lunedì. C’erano i vari esponenti del governo in carica, quali il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per una volta non fuori Roma, c’era Matteo Salvini che già da anni giura fedeltà allo stato ebraico, c’era il neo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, c’era il grottesco Bruno Vespa, il decaduto Gianfranco Fini, caduto sulla via di Gerusalemme potremmo dire, c’era l’imbarazzante Carlo Calenda, presidente di un partito fantasma, la ex ballerina Mara Carfagna, oggi sposata ad un avvocato ebreo romano, Alessandro Ruben, e c’erano il sindaco di Roma, Gualtieri, e il presidente della Regione Lazio, Alessandro Rocca.
Era una vera e propria gara ad accorrere al tempio ebraico pur di ribadire che questi personaggi non sono una espressione di una qualche rappresentanza popolare, ma sono appunto l’espressione di quel mondo sionista che ha saldamente in mano la disgraziata Seconda Repubblica.
Mani Pulite: l’origine dell’esplosione del sionismo in Italia
E’ però impossibile comprendere il processo di sionizzazzione, potremmo dire, della politica italiana senza prima prendere in esame il golpe giudiziario di Mani Pulite del 1992.
Quel processo eversivo nel quale i giudici di Milano hanno agito scientemente per rimuovere chirurgicamente una intera classe dirigente, fatta salva l’eccezione del PDS, erede del PCI, è stato del tutto indispensabile per il passaggio dalla Prima Repubblica, nata certamente già sotto pessimi auspici, quali l’infame tradimento di Cassibile e senza mai disporre della piena sovranità, e la Seconda, nella quale il perimetro della sovranità si è ristretto ancora di più e dove la politica con la P maiuscola è stata sostituita da impresentabili controfigure e magnati quali Berlusconi che hanno provato a riempire il vuoto per salvare i propri interessi di bottega, e quando si è trattato di scegliere tra questi e quelli del Paese, si veda il 2011 e il golpe di Napolitano, non hanno esitato ad eseguire le indicazioni dei centri del potere sovranazionale.
La Prima Repubblica, come detto, non aveva una sua piena sovranità ma aveva dei politici veri che non erano dei semplici gregari ai quali consegnare i vari ordini da eseguire, ma erano dei professionisti della politica per l’appunto che avevano a cuore le sorti della nazione, e non volevano che questa fosse ridotta ad un cortile dell’anglosfera e dello stato ebraico.
Non sono stati in pochi a pagare con il sangue la scelta di volersi spingere al di là del perimetro, ed è questa la sorte occorsa ad Enrico Mattei, condannato a morte dalla CIA per la sua volontà di rompere l’oligopolio petrolifero delle sette sorelle nelle mani dei vari signori del petrolio, quali la famiglia Rockefeller, e Aldo Moro, che aveva un’ambiziosa visione geopolitica in base alla quale l’Italia avrebbe dovuto affrancarsi dalla NATO non certo per entrare nell’URSS, ma per scegliere la sua personale strada nel blocco dei non allineati, in modo così da uscire dalla falsa contrapposizione di quel periodo storico.
Sono stati uomini che hanno avuto una visione di troppo ampio respiro e troppo indipendente da coloro che concepirono la repubblica di Cassibile, che sin dal primo istante è stata etero diretta da Washington, Londra e Israele, ma che nonostante tutto riusciva sempre in qualche modo ad opporsi e a cercare una propria strada al di fuori di quel recinto.
Ed è quello che fecero uomini come Giulio Andreotti che già tra la fine degli anni’70 e degli anni’80 era molto vicino alla causa palestinese tanto da ricevere calorosamente in Parlamento il leader dell’OLP, il citato Yasser Arafat, oppure come fece anche Bettino Craxi quando nel 1985 in carica come presidente del Consiglio si alzava di fronte all’aula di Montecitorio e ribadiva fermamente che la lotta armata dei palestinesi non era “terrorismo” ma una legittima resistenza da parte di chi da ormai 76 anni subisce una occupazione illegale.
Il discorso di Bettino Craxi sull’OLP tenutosi alla Camera nel novembre del 1985
Si potrebbe dire che in quella Prima Repubblica non c’era una goccia di sionismo, ma ad essere diverso era tutto l’impianto della politica.
I politici di professione sapevano cos’era l’arte della politica, avevano una vasta cultura generale e una conoscenza profonda delle relazioni internazionali, ma soprattutto non mettevano il loro Paese all’asta come facevano i loro indegni successori.
La differenza tra Prima e Seconda Repubblica si può riassumere qui. I politici della prima stagione della storia repubblicana avevano un rapporto vero e autentico con il popolo, poiché erano realmente eletti da questo e c’erano altissime percentuali di partecipazione al voto.
Non erano passacarte calati dall’alto dei vari centri del potere sovranazionale. Non erano degli sgabelli sui quali si siede la tecnocrazia come lo sono i “politici” che hanno preso il loro posto.
Erano uomini legati al territorio e avevano tutto l’interesse a far sì che i propri elettori stessero bene e ricevessero i benefici di una economia mista e dello stato imprenditore, a differenza invece di quelli della Seconda Repubblica che invece sono slegati dal territorio e che ora sono persino scesi sotto la soglia della partecipazione del 50 + 1 al voto, a dimostrare chiaramente come ormai la classe “dirigente” uscita dal golpe del 1992 non rappresenti davvero più nessuno, se non sempre più ristretti grumi clientelari e i vari signori del mondialismo, che tra l’altro ora stanno perdendo tutto il potere acquisito nel secolo scorso.
La ratio del golpe di Mani Pulite è da ricercarsi solo e soltanto qui. L’Italia andava accompagnata sul patibolo della globalizzazione e del Nuovo Ordine Mondiale, e non poteva esserci di mezzo una classe dirigente che avesse a cuore le sorti del Paese e che non fosse disposta a mettere all’asta il Paese come avvenuto a bordo del panfilo della regina Elisabetta, sopra il quale il commissario della svendita nazionale, Mario Draghi, liquidava l’industria pubblica senza avere nemmeno alcun mandato governativo, una circostanza ovviamente ignorata dalla magistratura che lasciò tranquillamente consumare quel tradimento a danno dell’Italia e del suo popolo.
La magistratura invece era impegnata ad eseguire la rivoluzione colorata che aveva come obiettivo primario proprio quello, guarda caso, di togliere dalla scena quei protagonisti che negli anni precedenti avevano saputo dire di no all’anglosfera e ad Israele, e i due bersagli privilegiati furono proprio i citati Bettino Craxi e Giulio Andreotti.
Mentre il pool di Mani Pulite si interessava a tangenti che non valevano nemmeno il 5% del patrimonio industriale liquidato da Draghi, e mentre Falcone veniva massacrato assieme alla sua scorta a Capaci quando era vicino a scoprire il riciclaccio di fondi neri dal PCUS al PCI, i giudici perseguivano Bettino Craxi che per primo lanciò l’allarme sulla svendita e denunciò quegli avvoltoi della finanza quali George Soros che erano piombati per cibarsi degli organi vitali dell’Italia e della sua economia.
Sorte forse ancora più infame toccò a Giulio Andreotti che dopo essere stato il presidente del Consiglio negli anni’80 che aveva partorito la più draconiana legislazione antimafia e dopo aver nominato Falcone direttore degli Affari Penali, silurato dal CSM e chiamato “guitto” da Repubblica, venne accusato di mafia da parte di alcuni pentiti che erano rimasti in silenzio per decenni, fino a quando nel 1994 iniziarono improvvisamente a parlare per poi tirare fuori delle versioni piene di buchi e contraddizioni come rilevò correttamente il primo grado del processo, che venne poi magicamente ribaltato fino ad arrivare all’incredibile dictu della Cassazione secondo la quale Andreotti sarebbe stato “mafioso” fino al 1980 per poi misteriosamente redimersi.
La giustizia italiana è questa qui. E’ il guazzabuglio uscito dalla carta costituzionale scritta da diversi massoni che hanno concepito una magistratura in pratica al di fuori dello Stato e che non risponde mai delle sue innumerevoli malefatte, perché, in fin dei conti, fa comodo ai vari poteri massonici e atlantici avere un corpo a propria disposizione separato dal controllo degli altri organi dello Stato.
Mani Pulite è stata possibile perché lo stesso fallace impianto della costituzione ha partorito questa classe di giudici che ormai è fuori controllo e che, non differentemente dalla classe politica, necessita un totale e profondo rinnovamento.
Non si poteva perciò non arrivare, viste le premesse, al punto nel quale siamo arrivati oggi, ovvero quello in cui i politici veri e autentici di una volta che sapevano dire di no allo stato ebraico, come Craxi e Andreotti, sono spariti per essere appunto sostituiti da queste imbarazzanti comparse che non sanno fare altro che indossare la kippah.
Se l’avanzamento verso il Nuovo Ordine Mondiale che si è visto all’inizio degli anni’90 prevedeva e prevede il dominio dello stato ebraico su di esso, non poteva non esserci di conseguenza quel processo di israeliazzazione dell’Italia citato prima.
Si dice poi che la simbologia spesso sintetizzi al massimo i processi politici o le idee filosofiche, e quale esempio più lampante, a questo proposito, della menorah esposto a Montecitorio, salvo quei ridicoli personaggi che hanno provato a negare l’evidenza più lapalissiana.
La menorah di fronte a Montecitorio
E’ triste vedere poi come tale abbrutimento abbia investito anche la Chiesa Cattolica che dopo il Concilio Vaticano II assomiglia sempre di più ad una chiesta protestante ed ebraica, e ciò spiega anche il timore proprio di un esponente della comunità ebraica, quale il rabbino Di Segni, che teme il ritorno del tradizionalismo cattolico perché sa bene che se ciò avviene cala definitivamente il sipario sul potere del sionismo.
E’ una malattia quella della quale stiamo parlando che si è via via estesa sempre di più fino al punto attuale, nel quale ormai la distanza tra la politica e il popolo è troppo ampia, e quando ciò avviene non si può non arrivare al punto in cui il vecchio status quo è destinato inevitabilmente a fallire.
La transizione tra Prima e Seconda Repubblica è servita ad accentrare indubbiamente il potere di Israele e dell’anglosfera, ma il problema presente dei saltimbanchi senza rappresentanza è che quello status quo sovranazionale oggi non esiste più, perché non siamo negli anni’90 e nel secolo dell’impero anglosionista, ma siamo nel secolo della fine dell’impero e del declino dello stato ebraico.
Lo stesso stato ebraico che un tempo metteva a ferro e fuoco il Medio Oriente per anni oggi si ritrova inerme di fronte al massiccio bombardamento dell’Iran che ha umiliato di fronte al mondo Israele.
Stessa sorte toccata all’impero americano smantellato per volontà di Donald Trump che ha deciso di separare la politica estera americana da quella di Israele, e ha condannato quindi all’inevitabile isolamento Tel Aviv, che oggi non solo non è più in grado di seguire la sua agenda sionista, ma che si trova in un delicato momento della sua storia, dal quale non si sa nemmeno bene in quali condizioni ne verrà fuori.
La Seconda Repubblica pertanto, considerato il nuovo equilibro, non può evidentemente sopravvivere dato che sono venute le indispensabili condizioni che ne assicuravano l’esistenza.
Non è chiaro se lo sanno i vari figuri che si sono visti in sinagoga lunedì. Probabilmente sì, ma poco cambia.
Sono nati baciando la pantofola di Israele, e moriranno allo stesso modo.
Come tutti voi lettori sapete, quando si tenta di fare la prenotazione per una visita medica o un esame con il SSN sono guai. Ci sono prenotazioni che vengono date addirittura con un anno di ritardo e questo non fa altro che fare in modo che i malati aggravino la loro situazione.
La politica nega quasi sempre che i problemi siano così seri, questo articolo del giornale l’Indipendente conferma il nostro pensiero e ve lo sottopongo.
Manuela Valletti
“Nel 2023, circa 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a visite mediche e cure specialistiche, pari a quasi l’8% della popolazione. Tempi di attesa infiniti e difficoltà di accesso alle strutture sanitarie sono tra le cause principali, mentre il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) soffre un deficit di oltre 52 miliardi rispetto agli standard europei. Lo ha attestato la Fondazione GIMBE nel suo ultimo rapporto. Chi può permetterselo, copre le spese di tasca propria, con la spesa sanitaria privata cresciuta del 10,3%. Tuttavia, le persone più vulnerabili, circa 2,5 milioni, hanno dovuto rinunciare alle cure per motivi economici, con un aumento di 600 mila rispetto all’anno precedente. La situazione è particolarmente grave nel Sud Italia, dove solo Puglia e Basilicata rispettano i Livelli essenziali di assistenza (LEA). A complicare ulteriormente il quadro, la grave carenza di personale sanitario: il SSN ha perso tra il 2019 e il 2022 oltre 11 mila medici e il numero degli infermieri, attualmente 6,5 per mille abitanti, resta drammaticamente basso.”
Quando gli ideali erano la méta e la bellezza l’aspirazione più alta.
Quando la famiglia era il bene più prezioso, da difendere e da custodire.
Quando i giovani erano pieni di speranza, studiavano e lavoravano alacremente per raggiungere gli obiettivi.
Quando gli insegnanti erano un esempio da imitare e la Scuola una fucina del Bene.
Quando le tradizioni erano l’unica ricchezza da difendere …
Fino a qualche decennio fa, passeggiare per il luogo capitale del mondo, che Gesù Cristo indicò come sede della Sua Chiesa, significava inebriarsi di storia, di cristianità, di profumi antichi, del ciarlare con quella dolcezza che solo il dialetto romano può evocare.
La luce di Roma era unica! Entrava nel cuore!
La sera si riverberava nei lampioni, che, come braccia, uscivano dalle pareti dei piani bassi, per avvolgerti con il giallo soffuso che sottende a quella meraviglia di cui si godeva nel camminare per le strade …
Tutto era maestoso, grande l’intenzione di formare e plasmare l’uomo a cose alte, trascendenti …
Era la Roma dei Papi, più bella e altera delle vestigie romane, pronta ad esprimere una volontà Cattolica. Era la Roma che per le sue vie e nell’aria sussurrava la morte di un Papa e l’elezione di un altro Papa, che rimaneva chiuso nelle sue stanze e non se ne andava in giro per il mondo o sugli aerei per cambiare la Verità rivelata.
Quale nostalgia conferisce quella parola: Cattolica … Universale …eravamo stati chiamati a questo con il Battesimo!
Oggi, camminiamo in quelle stesse strade, tutto è morto, tutto è lugubre, tutto è passato.
Dov’è quell’Eternità che ha infuso il coraggio delle virtù eroiche?
Tutto è effimero. Effimero come il tempo, trasandato e puzzolente. Come i peccati che la animano di notte e di giorno …
Povera nostra Italia, senza sua madre – Roma – figlia adottiva di una matrigna perversa – chiamata Europa – che propugna i suoi interessi, gli interessi di pochi, imbellettandosi di sigle e slogan vuoti e sconcertanti, che nulla hanno di umano.
Da lontano, i rumori di una guerra. Di molte guerre che scuotono le paure di pochi. I molti sembrano non accorgesene, sobillati come sono da Governi inetti, da una gerarchia cattolica pusillanime e tiepida, intrisa del Modernismo di origine massonica e satanica.
Poveri nostri figli e figli di una Terra dilaniata dalle brutture più decadenti…
Poveri coloro che, macerati nelle cose del mondo e del mondo schiavi, non riescono neanche più ad indignarsi, avvolti nella loro ignavia.
“Lasciate”, allora, “che i morti seppelliscano i loro morti”:
Continuano i Wild Camp Insubriparks finanziati con Fondi Interreg V-A Italia Svizzera 2014-2020: una giornata di avventura per le famiglie al Parco Regionale della Pineta di Appiano Gentile e Tradate
Domenica 27 ottobre 2024, al Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate, torna l’atteso appuntamento con i Wild Camp organizzati da Insubriparks già avviati nel 2023 con grande successo. L’appuntamento è questa volta nel Comune di Appiano Gentile (CO): una giornata pensata per famiglie con ragazzi e ragazze dai 6 ai 13 anni (almeno un genitore dovrà essere presente), ricca di attività all’aria aperta e momenti educativi immersi nella natura protetta dei Parchi facenti parte del circuito Insubriparks (www.insubriparks.eu) Le attività anche questa volta saranno condotte dagli operatori di Method, esperti di vita in natura e di attività rivolta a tutte le fasce di età.
Il ritrovo è previsto per le ore 10.00 al parcheggio del Centro Sportivo, in via Ordenada angolo Largo A. Moratti. La giornata inizierà con l’accoglienza dei partecipanti e la presentazione dello staff e del programma. Successivamente, verrà illustrato il progetto Insubriparks con un focus particolare sul Parco della Pineta di Appiano Gentile e Tradate, che ospita l’evento. Alle 10.30 partirà una camminata lungo i sentieri del Parco, della durata di circa un’ora e mezza, durante la quale i partecipanti avranno l’opportunità di apprendere nozioni di educazione ambientale. La difficoltà del percorso è semplice, adatta a tutti. Alle 12.00, i ragazzi potranno cimentarsi nella costruzione di uno zaino e nella realizzazione di un rifugio, attività che stimoleranno il loro spirito di avventura e creatività. Seguirà un pranzo al sacco nel bosco, previsto per le 13.00, a cura delle famiglie. Il pomeriggio continuerà con la realizzazione di ponti di corda, tiro con l’arco istintivo e una camminata fino alla Cascina Kepos. Qui, alle 15.00, verrà effettuata una dimostrazione di accensione del fuoco in braciere, con tanto di marshmallow per la merenda. La giornata si concluderà alle 16.00 con la consegna degli attestati di partecipazione e il rientro al punto di ritrovo. In caso di maltempo, l’evento sarà rinviato.
Un’occasione imperdibile per trascorrere una giornata immersi nella natura, imparando e divertendosi in famiglia: un modo nuovo per condividere esperienze tra genitori e figli.
Lo ha annunciato il sindaco Sala: “Ci uniamo agli altri Comuni che faranno ricorso”
l Comune di Milano ricorrerà al Tar contro l’intitolazione a Silvio Berlusconi dell’aeroporto di Malpensa, proposto da Regione Lombardia e decretato dal Ministero delle Infrastrutture. Lo ha detto il sindaco Beppe Sala a margine di un convegno in apertura della Green Week, venerdì mattina.
La giunta di Palazzo Marino, secondo quanto ha spiegato Sala, ha approvato la delibera sul ricorso: “Ci siamo associati al ricorso, come altri Comuni. Per le tempistiche non so ancora dire”, ha detto il sindaco di Milano. È plausibile, però, che già la prossima settimana il ricorso sarà presentato al tribunale amministrativo, dopo che i vari Comuni avranno approvato, a loro volta, le relative delibere.
Risale all’estate del 2023, subito dopo la scomparsa dell’ex premier, la decisione di Regione Lombardia di proporre l’intitolazione dello scalo varesino. Il consiglio d’amministrazione di Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile), a inizio luglio 2024, ha recepito positivamente la proposta e, qualche giorno dopo, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha dato il via libera definitivo. Lo scalo si chiamerà “Aeroporto internazionale Milano Malpensa Silvio Berlusconi”.
Immediate le proteste da parte di associazioni e partiti di centrosinistra, petizioni (per intitolare l’aeroporto, piuttosto, a Carla Fracci o Luca Attanasio) e manifestazioni davanti a Palazzo Lombardia. Il sindaco Sala si è subito schierato contro l’intitolazione, puntando il dito soprattutto sulle modalità e la rapidità con cui Enac aveva assunto la decisione, senza confrontarsi con Sea, che gestisce lo scalo e il cui azionista di maggioranza è proprio Palazzo Marino.
Poi Sala ha scritto a Marina Berlusconi, figlia di Silvio, chiedendole, in sostanza, se non sarebbe stato meglio aspettare. Un altro dei figli, Piersilvio, ha confermato che la famiglia non era stata avvisata, ha detto che i figli sono contenti “perché se lo stramerita” e ha aggiunto che “le modalità non sono state proprio perfette”. Ma ha criticato Sala per la lettera alla sorella: “Mi fa ridere, pensasse a Milano”.
Confalonieri: “Le intitolazioni non gli servono”
Un ‘assist’ inatteso è arrivato, proprio venerdì, da Fedele Confalonieri, presidente di Mfe Mediaset (e della Veneranda Fabbrica del Duomo), ma soprattutto storico collaboratore di Berlusconi: “A me ha cambiato la vita, e a tanti, forse a tutti quelli che hanno lavorato con lui ha cambiato la vita”, ha detto, per poi aggiungere che “Berlusconi non ha bisogno di questo (delle intitolazioni, n.d.r.). Ha lasciato una eredità, a prescindere dal ‘ti dedico la via o la piazza’”.
Silvio Berlusconi non merita questo trattamento, ha fatto molto per Milano e per l’Italia aveva contro tutti. Sono milanese e mi vergogno di chi amministra la mia città.
Luo Li Rong è un’artista cinese rinomata per le sue sculture in bronzo mozzafiato che catturano la grazia e il dinamismo della forma femminile. Il suo lavoro è una testimonianza della bellezza senza tempo delle tecniche di scultura rinascimentale e barocca, che ha padroneggiato e adattato per creare figure che sembrano essere colte a metà movimento, i loro abiti che fluttuano intorno a loro come se fossero catturati da una brezza perpetua. Queste sculture non sono solo opere d’arte statiche; raccontano storie di movimento, eleganza e fluidità del corpo umano. Ogni pezzo è meticolosamente realizzato, con ogni piega della pelle, ogni increspatura del tessuto e ogni ciocca di capelli resi con dettagli sorprendenti. Le sculture di Luo sono celebrate per la loro capacità di trasmettere la bellezza e la grazia della figura umana, rendendole una fonte di capacità d’ispirazione e di generare stupore negli amanti dell’arte di tutto il mondo. Luo Li Rong official
Nel 2022, l’Italia si è posizionata come sesto Paese al mondo nel settore della difesa, con Leonardo SPA come principale azienda europea per la vendita di armi. Secondo il rapporto del Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), il mercato globale delle armi ha generato 548 miliardi di euro, registrando un calo del 3,5% rispetto al 2021, a causa dell’inflazione e delle interruzioni nella catena di fornitura. Tuttavia, la domanda di armamenti è cresciuta, alimentata dalla guerra in Ucraina, e si prevede un importante aumento dei ricavi nei prossimi anni. Gli Stati Uniti dominano il settore con cinque aziende nelle prime posizioni, seguiti da un’industria del Regno Unito e da tre aziende cinesi a chiudere la top 10. Leonardo si piazza al tredicesimo posto a livello globale, con ricavi pari a 12,4 miliardi di euro. Un’altra azienda italiana di rilievo è Fincantieri, che occupa il 46° posto a livello mondiale, con ricavi per 2,5 miliardi di euro.
Un convegno a Lugano delinea nuovi scenari per il trasporto pubblico tranfrontaliero, a cominciare dalla futura tratta Lugano-Porlezza.
Questo contenuto è stato pubblicato al20 settembre 2024 – 12:41
8 minuti
Leonardo Spagnoli
I laghi insubrici, alla luce anche dei recenti progressi a livello tecnologico, possono giocare un ruolo rilevante nella congestionata mobilità transfrontaliera ma occorre intensificare la collaborazione tra Italia e Svizzera, soprattutto a livello politico.
È quanto emerso dal convegno tenutosi mercoledì al LAC di Lugano sulla navigazione nei laghi transfrontalieri ticinesi, organizzato dalla Camera di commercio italiana per la Svizzera.
Le opportunità offerte dal vettore su acqua non sono infatti sfruttate adeguatamente: nel Lago Maggiore e nel Ceresio il servizio è attualmente incentrato sul trasporto turistico stagionale ma un potenziamento dei collegamenti di linea potrebbe contribuire ad alleggerire il traffico nelle regioni di confine, soprattutto quello motorizzato.
Intesa rinnovata fino al 2046
A questo scopo risponde la rinnovata collaborazione, dopo alcuni anni di malintesi e marce indietro, tra la Società navigazione del lago di Lugano (SNL) e la Gestione governativa navigazione laghi Maggiore, di Garda e di Como (GGNL), confluite nel 2018 nel consorzio deputato alla fornitura del servizio sui due specchi d’acqua italosvizzeri.
L’accordo dello scorso dicembre, con un lungo orizzonte temporale che arriverà al 2046, consolida ed estende la cooperazione tra i due enti, dischiudendo nuovi scenari che coinvolgono l’itera regione.
Altri sviluppi
Altri sviluppi
La navigazione sui laghi unisce Svizzera e Italia
Questo contenuto è stato pubblicato al20 dic 2023 Il servizio di navigazione transfrontaliero sui laghi Maggiore e Ceresio sarà gestito dall’attuale Consorzio dei laghi per altri 22 anni.Di più La navigazione sui laghi unisce Svizzera e Italia
Occhi puntati sulla Lugano-Porlezza
Tra le novità emerse nell’incontro c’è la futura apertura della tratta Porlezza (Como)-Lugano sul Ceresio, su cui si stanno concentrando tutte le attenzioni e che per il municipale di Lugano Filippo Lombardi sarà “il grimaldello per far saltare il sistema”, al fine del riconoscimento della valenza del trasporto pubblico sui laghi.
In proposito, ha ricordato l’ex senatore federale, la SNL consegnerà entro la fine del mese la documentazione per inserire il collegamento tra le due sponde del Ceresio nel Programma di agglomerato del Luganese, tappa indispensabile per la prosecuzione dell’iter amministrativo.
In quest’ambito Massimo Mastromarino, presidente dell’italiana Autorità di Bacino Lacuale Ceresio, Piano e Ghirla ha ricordato l’imminente costruzione di una stazione di ricarica elettrica sul pontile di Porlezza. Questo oltre all’iniziativa delle autorità di Porto Ceresio (Varese) per la realizzazione di un collegamento tra il comune rivierasco e Lugano, via Maroggia.
Alleggerire il traffico transfrontaliero
Le cifre a sostegno dell’introduzione di una rete di trasporto pubblico transfrontaliero le ha snocciolate Agostino Ferrazzini, presidente della SNL, secondo cui esiste una domanda di trasporto lungo i due assi da Porlezza e Porto Ceresio: le 4-4’500 auto che transitano quotidianamente dai valichi di Brusino, sommate ai 12’000 transiti da Gandria, fanno un totale di almeno 16’000 passaggi, un numero che giustifica un intervento in favore anche della mobilità pubblica su lago. “Se dirottiamo solo il 10% di questo traffico sul lago – ha sottolineato il presidente della società luganese – significa che possiamo togliere 1’600 veicoli dalle strade”.
Naturalmente le e i partecipanti hanno convenuto che le dichiarazioni di intenti non bastano, occorrono precisi impegni, soprattutto di tipo finanziario, per raccogliere questa complicata sfida con rilevanti implicazioni di natura tecnologica e ambientale.
Per realizzare quella che l’ambasciatore italiano a Berna Gianlorenzo Cornado ha definito “il TILO dei laghi”, alludendo all’acronimo del collaudato sistema di trasporto ferroviario regionale italosvizzero, è necessario rendere competitivo il servizio di navigazione, in particolare in relazione ai tempi di percorrenza: i natanti di ultima generazione a trazione elettrica, a basso impatto ambientale, dovranno collegare Porlezza con Lugano in 15 minuti (attualmente le e i pendolari transfrontalieri impiegano non meno di tre quarti d’ora per effettuare il tragitto su strada).
Altri sviluppi
Altri sviluppi
Le acque del lago sono protagoniste di una vera rivoluzione
E in questo contesto, come ha osservato l’ambasciatrice svizzera a Roma uscente, Monika Schmutz Kirgöz, un contributo fondamentale lo può fornire la Svizzera che, come ha ricordato, per il tredicesimo anno consecutivo è stata eletta economia più innovativa nel mondo: il progresso tecnologico, ha rilevato, ci offre la possibilità di sviluppare nuove soluzioni anche in ambito lacustre” e “le nostre aziende, i nostri centri di ricerca e le nostre università possono essere attori chiave nell’elaborare idee pionieristiche” come imbarcazioni elettriche, sistemi intelligenti di gestione dei flussi di traffico e infrastrutture portuali moderne.
Ma ai rilevanti investimenti previsti per rinnovare ed elettrificare la flotta, si aggiungono quelli di tipo infrastrutturale, che consistono essenzialmente nella creazione di punti di scambio intermodale e stazioni di ricarica veloce, indispensabili affinché il sistema funzioni.
E su questo aspetto Agostino Ferrazzini (SNL) ha sottolineato che le due società di gestione possono eseguire una parte dei compiti, quelli di natura operativa, “ma gli interventi infrastrutturali competono alle autorità e ai territori”.
Il Cantone frena?
E qui si è palesata la nota dolente, evocata da diversi oratori/trici dell’incontro al LAC: Edo Bobbià (cda della SNL) ha lanciato il sasso sostenendo che “nel Dipartimento del Territorio del Cantone Ticino “non c’è la volontà di potenziare il trasporto pubblico sui laghi”. Gli ha fatto eco il vicesindaco di Locarno Claudio Franscella secondo cui “il Cantone non ha compreso appieno le potenzialità nei laghi nel trasporto pubblico e turistico”.
Si credeva che tutto fosse finito l’altro ieri, quando hanno iniziato a scorrere immagini di uomini di Hezbollah mutilati o gravemente feriti dalle esplosioni dei loro cercapersone da remoto.
Invece ieri pomeriggio c’è stata una seconda parte di quello che si può definire come uno degli attacchi terroristici più infami della storia di Israele.
Sono esplosi altri apparecchi elettronici mentre si stavano celebrando i funerali di coloro che avevano perso la vita lo scorso martedì.
Al solito, lo stato ebraico non conferma né smentisce di aver orchestrato questo attacco, ma di indiziati che avevano la capacità e le motivazioni di commettere un simile atto, non ce ne sono altri, tranne Tel Aviv.
Sono già morte 18 persone, e più di 2mila risultano ferite, e non sono affatto tutti appartenenti al partito armato di Hezbollah, la resistenza libanese che si è formata nel 1985 dopo che Israele invase il Libano 3 anni prima e continuò ad occuparlo fino al 2000, quando le truppe sioniste si ritirarono dopo l’accordo stipulato con le Nazioni Unite.
La natura di Israele non è certo quella di vivere in pace con i propri vicini. Israele, dovrebbe essere abbastanza chiaro a questo punto, non nasce per dare agli ebrei una casa che serva a mettere al repentaglio gli ebrei nel mondo da eventuali persecuzioni.
Israele è molto di più di questo. Israele è dominio, imperialismo e “sogno” di costruire da questa terra un impero che si imponga su altre nazioni.
Non c’è la falsa e ipocrita necessità di aiutare gli ebrei che all’inizio dell’900 non ne volevano sapere di trasferirsi in una terra, quella della Palestina, che non era loro e con la quale non avevano più alcun legame da tempo, se mai effettivamente ce lo hanno avuto.
Sì, perché larga parte degli ebrei oggi non è più la stessa di 2000 anni fa, e ciò vuol dire che l’ebreo che visse ai tempi di Cristo non è geneticamente lo stesso di oggi.
A dirlo è stato, tra gli altri, un genetista israeliano, Eran Elhaik, che nella sua ricerca ha dimostrato la validità della tesi cazara sostenuta dallo scrittore e storico di origini ebraiche, Arthur Koestler, che nella sua opera, oggi un classico, intitolata “La tredicesima tribù”, sostenne che gli ebrei oggi non sono altro che i cazari vissuti in Europa Orientale ai tempi del re Bulan, nel VIII secolo d.C., che impose il giudaismo come religione al suo popolo soltanto per meri motivi di opportunità e non perché animati da un qualche sincero interesse per il talmudismo.
Arthur Koestler, il primo ricercatore moderno a ipotizzare che gli ebrei siano originari del regno di Khazaria
Gli ebrei che sono ancora parzialmente gli stessi da un punto di vista genetico di quelli di 2000 anni fa sono i sefarditi che dopo i secoli successivi si dispersero in Medio Oriente e in Europa, in particolare nella penisola Iberica, dove diedero assistenza agli invasori islamici che invasero e dominarono la Spagna per diversi secoli.
Il terrorismo e la violenza scorrono nelle vene di Israele non da oggi, ma da quando il suo padre putativo, Theodor Herzl, scrisse alla fine del’800 il suo famoso saggio “Lo stato ebraico” che può essere considerato come il primo vero atto di fondazione del movimento sionista mondiale.
Già in quell’epoca fervevano ai piani alti della finanza ebraica i propositi di costruire uno stato ebraico in Palestina e i primi a mettere a disposizione i fondi necessari per raggiungere una simile impresa sono stati gli onnipresenti banchieri che hanno dominato la vita politica europea dalla rivoluzione francese innanzi, ovvero i Rothschild.
Il primo congresso sionista mondiale non si sarebbe potuto tenere senza il contributo di Edmond James de Rothschild che ancora oggi nel mondo sionista viene chiamato “benefattore” talmente importante è stato il suo ruolo nel porre i primi mattoni del futuro stato di Israele.
Nulla è cambiato al tempo della prima guerra mondiale, quando il ministro degli Esteri britannico, Balfour, dava vita alla sua celebre dichiarazione nel 1917 nella quale si impegnava con Lord Rothschild per far sì che la Gran Bretagna diventasse la garante del piano sionista e che la Palestina fosse strappata dalle mani dell’Impero ottomano in via di dismissione, per essere consegnata invece agli ebrei sionisti.
Il tributo di sangue è stato enorme. C’è stato certamente quello della prima e della seconda guerra mondiale, senza le quali qualsiasi proposito di costruire uno stato ebraico sarebbe stato impensabile e irrealizzabile, poiché questi due eventi di proporzioni mondiali hanno prima consentito alla Palestina di passare sotto il mandato britannico, e poi hanno infine permesso di costruire lo stato di Israele dopo le persecuzioni inflitte da Hitler contro gli ebrei tedeschi, i quali se si rifiutavano di adempiere alle disposizioni del famigerato trattato Haavara firmato dai nazisti con il movimento sionista, venivano deportati nei campi di concentramento.
A dare al futuro stato ebraico la popolazione di cui aveva bisogno è stato proprio il fuhrer che attraverso questo accordo acconsentiva a trasferire gli ebrei in Palestina, e a dare anche ingenti finanziamenti ai coloni sionisti che volevano insediarsi lì per costruire la nazione di Israele.
A chi non conosce la storia potrà apparire un paradosso, ma è così. Adolf Hitler, l’uomo che ha inflitto agli ebrei tedeschi le sue pene, è quello al quale il sionismo deve più di tutti, e sono persino intellettuali ebrei a riconoscere che, senza di lui, Israele non avrebbe mai visto la luce.
Gli ebrei che migravano in Palestina avevano in tasca questo documento che gli consentiva di recuperare le proprie proprietà in Germania
Gli stretti rapporti tra sionismo e nazismo rivelano come questa sacrilega alleanza nata nel 1933, subito dopo l’insediamento di Hitler al potere, non sia mai morta, e ciò dimostra, ancora una volta, come i due fenomeni politici siano due facce della stessa medaglia, soprattutto alla luce di quanto avviene in Ucraina, nella quale ancora oggi è possibile vedere come Israele sia schierata a fianco del regime nazista, al quale i vari rabbini non mancano di fare avere la loro benedizione.
La narrazione liberale si dimostra completamente fallace e mendace anche sotto questo profilo. Questa vuole descrivere i nazisti come i più acerrimi nemici del sionismo, mentre vediamo come in realtà questi due movimenti siano strettamente alleati e agiscano per il raggiungimento di comuni fini.
La natura terrorista del sionismo
Il sionismo però non ha versato soltanto il sangue delle guerre mondiali ma anche quello dei civili innocenti che vivevano in Palestina negli anni’30.
All’epoca erano attive molte falangi terroristiche quali quella più famigerata dell’Irgun di Menachem Begin, responsabile di numerosi massacri di civili, e quella dell’Haganah di Ben Gurion, che la storiografia liberale ama descrivere come “moderata” quando essa ha preso parte a sua volta ad altri agguati terroristici.
C’è una lunga lista dalla quale attingere per comprendere quale sia la filosofia del terrore che ha sempre governato gli uomini del sionismo.
Ne vediamo un esempio nel 1937, quando l’Irgun uccideva 18 civili palestinesi nel mercato di Haifa facendo esplodere una bomba, o nel 1939, quando l’Haganah di Ben Gurion a Balad Al-Shaykh rapiva e uccideva 5 civili innocenti.
Nulla fermava i due uomini animati dalla stessa feroce e irrefrenabile volontà sanguinaria e disumana di costruire Israele ad ogni costo, senza curarsi minimamente della vita dei palestinesi e di tutti coloro che non erano ebrei, che nella filosofia talmudica vengono appellati goyim, che sta per bestie, a dimostrazione che le prese di posizione del nazismo sulla superiorità di una razza su un’altra non sono affatto diverse dalle parti del sionismo che però assegna lo scettro invece agli ebrei.
La scia di sangue è proseguita anche negli anni successivi.
Ben Gurion e Menachem Begin non hanno infatti concluso la loro carriera di terroristi dopo la seconda guerra, ma anzi, se possibile, hanno ancora più alzato il tiro quando commetteva un’altra famigerata strage al King David Hotel di Gerusalemme nel 1946, allora utilizzato dagli inglesi come sede diplomatica in Palestina, e nel quale fu fatta esplodere una bomba.
Menachem Begin e Ben Gurion
Il sionismo non voleva più aspettare. Voleva che gli inglesi si togliessero dai piedi e che nascesse lo stato ebraico da loro tanto atteso.
Il massacro quel giorno fu enorme. Vennero uccise 91 persone e larga parte di queste nemmeno nulla avevano a che fare con la Gran Bretagna, in quanto erano personale dell’albergo o semplici clienti che alloggiavano nella struttura, ma questo agli esponenti del sionismo non importava poi molto.
Una vita umana, se non è ebrea, non vale nulla e allora la carneficina è un mezzo più che accettabile se questa serve a raggiungere gli scopi del sionismo mondiale.
Ne sa qualcosa il conte Folke Bernadotte, il mediatore delle Nazioni Unite, che finì crivellato nel settembre del 1948 dai colpi dei tagliagole di un altro gruppo terrorista, il Lehi, noto anche come banda Stern, che aveva a sua volta cercato di stabilire un’alleanza con la Germania nazista, a dimostrazione, nuovamente, che i legami tra sionismo e nazismo sono davvero profondi.
Il conte Folke Bernadotte
Ancora oggi però, come si accennava prima, alcuni storici amano mettere in contrapposizione le figure di Ben Gurion e di Menachem Begin, quando in realtà essi marciavano per lo stesso obiettivo e avevano una funzione complementare, ovvero quella di mostrare al mondo una presunta faccia più conciliante e “umana” del sionismo che invece doveva tenere a bada l’ala più estrema.
Ben Gurion in questa caratterizzazione viene considerato il leader della sinistra sionista, mentre Begin, che divenne primo ministro di Israele, è il padre del Likud, oggi capeggiato da Netanyahu.
Questa narrazione però tace sui massacri compiuti da Ben Gurion e pretende di far credere che il leader sionista avesse un animo da diplomatico, quando era anch’egli, come Begin, un terrorista che non esitava a uccidere innocenti pur di servire gli interessi di Israele.
Israele, come si vede, è sempre stata dal primo momento guidata da una leadership di terroristi. Ben Gurion che soltanto due anni prima faceva massacrare i civili innocenti del King David Hotel diveniva il primo premier dello stato ebraico nel 1948, ed è considerato uno dei padri fondatori di Israele.
Israele è stata concepita nel sangue sin dal principio, e i suoi leader sono stati allattati al seno del terrorismo sin dai primi istanti nei quali i coloni ebrei si sono insediati in una terra che non era la loro.
Nulla cambia nemmeno nei primi anni di esistenza in vita dello stato ebraico. Nel 1953, l’allora comandante dell’unità 101 delle forze armate israeliane, Ariel Sharon, massacrerà civili innocenti nel villaggio palestinese di Qibya, nel quale verranno uccisi 69 civili palestinesi dopo aver fatto esplodere le loro case.
Ariel Sharon diverrà poi primo ministro di Israele di Israele nel 2001, in quella che sembra una essere tipica consuetudine dello stato di Israele.
Il terrorista in Israele dismette frequentemente i suoi panni e indossa quelli dello statista o del politico di professione, a dimostrazione che la classe politica israeliana è composta in larga parte da killer di professione, che non hanno rispetto alcuno per la vita umana, non di rado nemmeno quella degli israeliani, quando questi servono a raggiungere i più “alti” fini del movimento sionista mondiale.
Oggi , di conseguenza, non vediamo altro quella che è sempre stata l’anima originaria ed autentica del sionismo. Stiamo vedendo un movimento che disprezza la vita umana, che non vuole coesistere con nessuno pacificamente e che considera nemici tutti coloro che non vogliono essere schiavi dello stato ebraico.
Israele, però, non gode più dell’appoggio incondizionato della potenza americana che gli ha consentito di esistere e che ha messo a ferro e fuoco il Medio Oriente per suo conto.
Washington è stata per larga parte dell’900 un’appendice dello stato ebraico e le lobby che l’hanno fatto da padrona negli Stati Uniti sono state certamente quelle del sionismo, rappresentate da gruppi quali l’AIPAC, Chabad e i neocon.
Sono stati loro a dettare la politica estera degli Stati Uniti che sono piombati nei Paesi arabi e hanno iniziato a rovesciare quei governi giudicati “ostili” da Israele e di intralcio al movimento sionista, come accaduto a Saddam Hussein e a Muammar Gheddafi, che già decenni prima diede proprio alla televisione italiana, una lezione su quali sono i veri fini del sionismo e come esso abbia sin dal principio colonizzato una terra, la Palestina, che non è la loro.
Il sionismo e il desiderio di ricostruire il tempio
Alcuni però si chiedono perché il sionismo e i suoi padri fondatori volevano a tutti i costi insediarsi in quelle aride zone del mondo, e non, ad esempio, in altri luoghi che pur il congresso sionista mondiale aveva considerato.
Gerusalemme è solo in Palestina. Il sionismo ha bisogno di questa città perché insegue il folle proposito di ricostruire il secondo tempio distrutto qui dai romani ai tempi di Tito, nel 70 d.C., e incoronare lì quello che Chabad chiama il “moschiach” ebraico, l’uomo che in questa religione dovrà governare Israele e il mondo intero.
Il sionismo messianico attende questa figura per erigere quello che viene chiamato come Nuovo Ordine Mondiale, del quale Israele è un pezzo fondamentale.
Non siamo però vicini ad un trionfo ed un avvento di questa figura. Non siamo vicini ad una fine delle nazioni e ad una nascita di questo supergoverno mondiale che avrebbe dovuto vedere la luce dopo la farsa pandemica.
Siamo al crepuscolo, se non già al tramonto, di questo delirio di onnipotenza e della Grande Israele che l’ala sionista messianica del Likud di Netanyahu vorrebbe veder nascere.
Ciò non cambia la intrinseca violenza che connatura lo stato ebraico che fino all’ultimo istante sparge sangue e cerca di istigare conflitti nei vari Paesi arabi.
L’attentato con i telefonini esplosivi è l’espressione della irredimibile natura terroristica israeliana che come il lupo perde il pelo, ma non il vizio di uccidere indiscriminatamente chiunque si metta sulla sua strada.
Stavolta però non siamo più nel XX secolo e non c’è l’impero americano a correre in soccorso dello stato ebraico.
Israele a questo giro è sola, ed è difficile pensare che Hezbollah se ne resti con le mani in mano dopo questo infame attacco, così com’è difficile pensare che l’Iran possa ancora rimandare ulteriormente la sua annunciata seconda controffensiva.
Lo stato ebraico non sembra curarsi minimamente delle conseguenze e della spirale autodistruttiva che ha innescato.
La volontà di potenza sionista sembra prevalere su qualsiasi logica.
Soltanto un ritorno alla realtà potrà far risvegliare taluni dalla loro follia sanguinaria e imperialista, e non crediamo che questo ritorno tarderà a manifestarsi.