Nuove aperture a Milano, il caffè è sempre in primo piano

 “Attimi” a Milano CityLife con Chef Express

Dopo una soft opening iniziata a luglio, è stato ufficialmente inaugurato “Attimi by Heinz Beck”, ristorante aperto a Milano dallo chef tre stelle Michelin Heinz Beck, all’interno di CityLife shopping district.

Il concept, lanciato lo scorso anno nell’aeroporto di Roma Fiumicino, è frutto della partnership tra Chef Express (Cremonini) e Beck&Maltese consulting, mentre gli ambienti sono firmati dallo Studio Fabio Novembre.

L’offerta – si legge su Il Sole 24 Ore – copre l’intero arco della giornata: dalla colazione con la pasticceria sfornata da due pastry chef al bistrò dove consumare un pasto veloce alla sera per il rito dell’aperitivo e la cena al ristorante.

Per quanto riguarda i futuri sviluppi della partnership, Cristian Biasoni, ad di Chef Express, spiega al Sole 24 ore: «il formato casual ma arricchito dal know-how di uno chef pluristellato, è certamente replicabile, sempre in contesti premium dove il cliente può scegliere secondo i ritmi e il tempo a disposizione».

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Per quanto riguarda i futuri sviluppi della partnership, Cristian Biasoni, ad di Chef Express, spiega al Sole 24 ore: «il formato casual ma arricchito dal know-how di uno chef pluristellato, è certamente replicabile, sempre in contesti premium dove il cliente può scegliere secondo i ritmi e il tempo a disposizione».

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A Porta Romana apre il più grande mercato agricolo coperto della Lombardia

A Milano apre il più grande mercato agricolo coperto della Lombardia. Si trova in via Friuli 10, in zona Porta Romana e sarà inaugurato venerdì 9 novembre, alle 9.30. Il promotore è Campagna Amica, iniziativa della Coldiretti che mira a difendere il valore e la dignità dell’agricoltura italiana, che ogni settimana coinvolgerà decine di produttori provenienti da tutta la regione e da quelle vicine. Per il taglio del nastro saranno presenti rappresentanti delle istituzioni, consumatori, bambini delle scuole della città e agricoltori da tutte le province lombarde. Durante la mattinata ci saranno attività per i più piccoli, showcooking con i cuochi contadini e iniziative per i cittadini.

Il mercato agricolo coperto di Porta Romana sarà aperto tutte le settimane per quattro giorni consecutivi, da mercoledì a sabato, dalle 8 alle 14, ed è il primo che ospiterà oltre 40 produttori per una spesa dal contadino cento per cento Made in Italy, con eccellenze di ogni genere: dall’ortofrutta all’olio, dai formaggi al pesce, dalla carne ai salumi, dal vino al pane, fino a riso, latte, burro, miele, confetture, farine, prodotti da forno, piante e fiori. Non mancheranno poi particolarità come il caviale, lo yogurt fresco, la cosmetica naturale, il galletto allo spiedo, la birra artigianale e l’agrigelato per la stagione estiva.

Il farmers’ market di Campagna Amica di Porta Romana, fa sapere la Coldiretti in una nota, sarà animato anche da settimane a tema rivolte alle eccellenze enogastronomiche italiane e da eventi dedicati alla cultura e alle tradizioni contadine, alla salute e ai consumi.

Fonte

Milano ricorda la strage di Gorla

La commemorazione della strage di Gorla

Milano, 20 ottobre 2018 – Milano ha ricordato questa mattina, in piazza Piccoli Martiri di Gorla, i 184 bambini uccisi nel bombardamento aereo che il 20 ottobre del 1944 colpì la scuola Francesco Crispi. Alla commemorazione e alla S.Messa hanno partecipato, oltre a numerosi cittadini, all’associazione delle vittime e ad una delegazione di alunni delle classi quinte della scuola, anche diversi rappresentanti delle istituzioni, tra cui il sindaco Giuseppe Sala e il sottosegretario regionale Alan Rizzi.

«Bisogna continuare ad avere la forza di prendere lezioni dal passato – ha detto a margine della cerimonia il sindaco Giuseppe Sala -. La pace è molto faticosa e bisogna perseguirla» e «l’Europa unita, con tutti i suoi limiti, è la maggior garanzia possibile di pace. Per questo anche in un momento difficile come questo dobbiamo mostrarci fortemente europeisti». «Vogliamo stringerci intorno a questa comunità – ha detto il sottosegretario regionale Rizzi – e alla città di Milano nel ricordo di quel giorno tragico. L’impegno delle istituzioni deve poter garantire alle nuove generazioni che giorni come il 20 ottobre del 1944 non accadano mai più». Davanti al monumento costruito sul sacrario, in cui sono contenute le spoglie delle piccole vittime, sono state deposte corone di fiori.

Milano ha smarrito la sua anima

Milano, una città in cui diventa sempre più difficile vivere

di Manuela Valletti

Come forse saprete dallo scorso marzo mi sono trasferita in Alta Valle Intelvi, ho lasciato Milano, dove sono nata e ho vissuto fino, appunto, al marzo scorso.

Ieri ho dovuto ritornarci per un problema personale da risolvere, e, se possibile, ho trovato la città molto peggio di come l’avevo lasciata. Ho scritto un post su FB e tra i commenti ne ho trovato uno a cui mi sono sentita in dovere di rispondere, anche perchè è di un caro amico: “Milano o si odia o si ama”.

Ho sempre amato Milano, l’ho amata al punto di sentirmi orgogliosa di esserci nata, di ricordare ancora oggi l’emozione che mi prendeva quando il treno che mi riportava in città dalle vacanze, entrava sotto la grande pensilina della Stazione Centrale, venivo presa dal una immensa commozione.

Milano mi ha dato tanto in ogni modo: ricordi belli e brutti, momenti di tenerezza legati al primo amore, all’autobus che ci ha fatto incontrare alla fermata di Piazza Duomo, al mio matrimonio, alla nascita dei miei figli e anche al mio impegno politico e sociale negli anni in cui per Milano si poteva fare tanto, semplicemente amandola.

Da qualche anno Milano mi ha fatto male, certo sono invecchiata e ho tanto sofferto per la perdita dei miei familiari, ma il fatto di sentirmi improvvisamente inadeguata ad una tipo di vita che non mi appartiene, in un contesto quasi sconosciuto, non mi faceva più sentire a casa. Dove sono il centro elegante di una volta, i miei cinematografi preferiti, i miei teatri, la via Dante piena di negozi e anche i mercaniti rionali e quelli ambulanti. Io ci andavo con mio figlio sul passeggino e venivo fermata da tanta brava gente che in milanese mi diceva “guarda li che bel fiulin”, ora i mercati rionali sono tutti chiusi e i mercati ambulanti sono solo patria di immigrati, la lingua dominante è l’arabo. E’ riamasta la Scala, speriamo che non trovino il modo di distruggere anche quella. Tenete che i musulmani non devono amare la musica.

La mia Milano non esiste più. Ieri ne ho avuto la prova. Non è una città a misura d’uomo, tanto meno di bambino e di anziano. Il “progresso” fa il suo corso e forse è giusto così, ma una città che cancella la sua anima e la sua storia non avrà un grande futuro. La storia insegna.

Manuela Valletti

La violenza sulle donne e gli anziani

di Manuela Valletti

Se non erro ho sentito che in questi ultimi anni i crimini sono diminuiti, probabilmente chi diffonde i dati non ha tenuto conto, anzi non ha voluto tener conto, che molti crimini sono stati depenalizzati. Si, perchè in questo nostro Paese quando le carceri sono sovraffollate  non si pensa a costruirne di nuove, ma a depenalizzare i crimini.

Voglio però focalizzare la vostra attenzione sulla violenza che ogni giorno viene perpetrata contro le donne giovani e anziane: una volta si poteva scindere la violenza sessuale da quella a scopo di rapina, ora non più, da quando le nostre città sono invase da immigrati giovani e aitanti, la violenza sulle donne di qualsiasi età, avviene in due tempi: la rapina e lo stupro.

Recentemente a Milano, città che mi ha dato i natali, hanno violenato e rapinato donne  di 70 e più anni e, ovviamente le hanno anche rapinate. Nonostante questa terribile situazione il Sindaco Sala si è molto innervosito quando  il Ministro Salvini ha promosso una riunione in prefettura proprio per aumentare la sicurezza in città… pare che il suo arrivo abbia intralciato la viabilità e questo lui non lo abbia proprio mandato giù.

Non faccio alcun apprezamento sul sindaco, non ne vale la pena. Sono certa che i milanesi lo spazzeranno via alle prossime elezioni, ma mi chiedo come sia possibile vivere in una città dove ti puoi trovare uno stupratore-rapinatore ad ogni angolo di strada, dove vai a portare il cane a fare i bisogni (munito di regolare sacchettino) e qualcuno ti accoltella a morte (fatto accaduto alla Comasina) oppure dove apri la porta di casa e vieni massacrata di botte, violentata e, ovviamente, derubata.

Dove sono le femministe, quelle che nel 68 esibivano con segni inequivocabili il loro sesso e gridavano di volerselo gestire in proprio? Ora che le donne avrebbero davvero bisogno di una loro sollevazione sono sparite dalla circolazione.

Mancano all’appello anche i Centri Sociali, sempre pronti a scendere in piazza per fare vandalismi o per dirsi contro l’intolleranza (mi sembra una contraddizione in termini, ma pazienza) e non muovono un dito per garantire sicurezza alle loro mamme e alle loro nonne.

Potere dell’ideologia malata, quella stessa ideologia che gli italiani hanno archiviato definitivamente lo scorso marzo e che invece agli attivisti purpurei (sempre meno attivi per la verità) impedisce di vedere una realtà di cui soprattutto le donne e gli anziani sono vittime predesignate.

 

 

 

PINACOTECA DI BRERA – Museo dentro la città

Dopo tre anni di lavoro si è concluso il riallestimento di tutte e 38 le sale della Pinacoteca di Brera di Milano, uno dei progetti con cui si era aperto il mandato del direttore James Bradburne, che oggi può raccontare i frutti di questi 36 mesi.  “Abbiamo fatto il primo riallestimento di tutte le 38 sale in 40 anni  abbiamo rimesso tutto in una coerenza di percorso, di allestimento, di illuminotecnica. Ora per il visitatore c’è un percorso che si legge con facilità. Questo fa parte del nostro impegno per l’accessibilità a tutti”.  Con l’ultimo riallestimento della sala ottocentesca è stato presentato anche il settimo dialogo tra opere della collezione di Brera e quelle di altri musei, questa volta con protagonisti Francesco Hayez e il maestro francese Jean-Auguste-Dominique Ingres. Alla cerimonia di inaugurazione ha preso parte anche il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, che ha parlato di una Brera “restituita alla città” e accanto a lui il sindaco di Milano Giuseppe Sala.

“Sono contento di essere qui oggi, è un’importante tappa della rivisitazione della Pinacoteca di Brera, ora abbiamo un museo pienamente all’interno della città” ha detto Bonisoli. Per quanto riguarda Palazzo Citterio, che ospiterà le collezioni di arte contemporanea, invece “dobbiamo aspettare i movimenti dell’Accademia, concordare tempi e modalità, e comunque  è la prima tappa di un cantiere continuo”. L’idea è di proseguire nella direzione impressa da Bradburne “perché un museo deve essere un posto vivo e non un deposito”.

“Devo dire che Bradburne – ha spiegato Sala – sta lavorando bene, secondo me anche perché rispetta la tradizione, ma guarda avanti. A parte il direttore devo ringraziare tutto il personale di Brera che sta facendo grandi cose con coraggio. Certamente oggi è una giornata importante, perché è anche il punto di arrivo di un percorso”.  Altra importante novità della giornata è l‘apertura del Caffè  Fernanda, dedicato alla storica direttrice Fernanda Wittgens che nel 1950 riaprì il museo dopo le  devastazioni della guerra. Un ulteriore passo verso una vera dimensione internazionale della Pinacoteca milanese.  “Oggi il caffè – ha aggiunto Bradburne – fa parte di una rivoluzione che abbiamo cominciato con la Bottega Brera, nella quale abbiamo dichiarato che caffè e shop non sono servizi aggiuntivi, ma sono parte integrante, fanno parte di chi siamo, della nostra identità”.

La giornata di celebrazioni rappresenta  anche un momento di ripartenza, verso quella idea di Grande Brera che deve da anni fare i conti con diverse battute d’arresto. “Io credo – ha concluso James Bradburne – che siamo qui sulla soglia di un nuovo passo avanti che, ovviamente, includePalazzo Citterio che Franco Russoli ha comprato nel 1972 per ospitare le collezioni moderne. E questo succederà, dobbiamo soltanto  aspettare, io non sono ancora abituato ad aspettare, comunque non è rimandato per sempre, è rimandato per un tempo reale e a un certo punto riapriremo anche Palazzo Citterio”.

FONTE

Location eventi Milano: dove organizzare un evento in una grande città

 

 

organizzare eventi a milano

Organizzare un evento è sempre un compito decisamente arduo, indipendentemente dal tipo di evento che si sta preparando. Ognuno di essi infatti offre diverse sfide, a partire dalla scelta della location. Trovare una location eventi Milano non è così semplice come si crede. Nella città lombarda sono infatti disponibili numerose strutture, non tutte però soddisfano tutti i requisiti di chi vuole dare vita ad un evento di elevata qualità, che risulti memorabile per coloro che vi prenderanno parte.

Perché a Milano

La questione è semplice, perché di location eventi a Milano se ne trovano moltissime e la città offre numerosi servizi decisamente comodi. Pur trattandosi di una metropoli italiana, Milano offre mezzi pubblici di alto livello, che servono ogni quartiere e ogni zona, anche in periferia. Questo consente a chi prende parte all’evento di arrivare anche in treno, o con un taxi, senza doversi disperare alla ricerca dei mezzi pubblici da utilizzare. Inoltre, sono disponibili anche molteplici luoghi in cui parcheggiare, perfetti per chi raggiungerà la festa o il meeting aziendale con mezzi propri. In più stiamo comunque parlando di una grande città, anche dal punto di vista turistico; trovare un albergo per fermarsi dopo l’evento non è poi così complicato, come invece potrebbe essere in città più piccole o meno organizzate rispetto a Milano. Scegliere una location per eventi a Milano è quindi un’idea geniale sotto diversi punti di vista.

Come dovrebbe essere la location

Ovviamente non tutte le strutture proposte per feste, banchetti, presentazioni sono adatte a ciò che stiamo organizzando. Conviene in genere fare un chiaro elenco di tutte le caratteristiche che la location dovrà avere a disposizione in modo che l’evento che stiamo organizzando sia veramente memorabile per i convenuti, e non in senso negativo. La metratura è importante, ma lo è ancora di più l’organizzazione degli spazi. Avere ad esempio la possibilità di restringere leggermente la sala dopo l’allestimento, in modo da sopperire all’eventuale mancanza di numerosi inviatati, oppure l’opposto, quindi ampliare lo spazio disponibile, sarebbe un’opzione del tutto pratica e molto utile. Sono molto apprezzate infatti le location per eventi a Milano che offrono diverse sale collegate tra loro, in modo da poter spostare alcuni invitati in sale laterali, ampliando così lo spazio a disposizione.

Vicino al centro o in periferia?

Chiaramente anche a Milano i palazzi più belli e famosi, i quartieri più noti, sono posizionati molto vicino al centro. È anche vero però che il centro cittadino è anche la zona più congestionata dal traffico, o dove è più difficile trovare parcheggio. Per questo motivo quando si sceglie una location per eventi a Milano è importante trovarne una non troppo vicina al centro, nella prima periferia. Questo garantisce la massima facilità di parcheggio nei pressi della struttura, oltre a un ottimo servizio per quanto riguarda i mezzi pubblici. Inoltre, la prima periferia milanese è facilmente raggiungibile anche dalle città vicine e da tutto l’hinterland, oltre ad essere scorrevole e con molti servizi nelle vicinanze.

Il nostro futuro era nelle scatole dei giovani della Lehman Brother

Perché siamo tutti figli di Lehman Brothers

Perché siamo tutti figli di Lehman Brothers

Il 15 settembre 2008 nella scatola di cartone che i giovani banchieri di Lehman Brothers si portavano in braccio lasciando i lussuosi uffici di New York di quella che era stata una delle grandi istituzioni finanziarie del pianeta e che era appena fallita trascinandosi dietro le economie di mezzo mondo, su ciascuna di quelle scatole, che contenevano gli oggetti personali dei manager, c’era una scritta invisibile, che siamo riusciti a leggere solo dieci anni dopo.

C’era scritto: Futuro. Ottimismo. Fiducia. Apertura. Tutte cose che stavano per andare in fumo assieme ai miliardi di dollari bruciati dal capitalismo più rapace.
Solo oggi infatti ci rendiamo conto che in fondo siamo tutti figli di Lehman Brothers; solo ora stiamo capendo che quel fallimento, che aprì la strada ad una crisi economica globale dalla quale l’Italia non è ancora definitivamente uscita, ha determinato il nostro modo di essere oggi. E quindi, di conseguenza, il quadro politico. A dirlo non è semplicemente una constatazione ma l’analisi oggettiva dei dati dell’osservatorio di SWG, che da vent’anni monitorano le opinioni e i sentimenti degli italiani.

Ebbene emerge chiaramente che il 2008 è stato l’anno di svolta, l’anno in cui l’Italia passa dall’essere una società aperta ad una che alza muri e invoca pistole. I grafici da questo punto di vista sono molto chiari: sono come quei giochi enigmistici in cui devi collegare dei puntini per scoprire la figura nascosta. La figura è un otto con due curve – mettiamo l’ottimismo e il pessimismo -, che si incrociano proprio a cavallo del 2008. Chi era in alto va in basso e viceversa. Cambia tutto.

Nel 2008, per esempio, il 62 per cento degli italiani pensa che l’Italia “si stia modernizzando”; oggi il 72 pensa che “stiamo regredendo”.

Nel 2007 il 51 per cento diceva di provare “un sentimento di inclusione” rispetto al resto del Paese; oggi il 68 per cento si dichiara “escluso” dai benefici del progresso.

Nel 2007 il 44 per cento sentiva di poter incidere sul proprio futuro; oggi sono appena il 26 per cento.

Nel 2009 il 53 per cento sentiva che dalla partecipazione all’Unione europea avevamo tratto più vantaggi che svantaggi; oggi lo sente appena il 18 per cento.

Infine, la progressiva chiusura verso l’immigrazione a cui assistiamo inizia nel 2003, è vero, ma dal 2008 ad oggi si sono persi 10 punti e oggi un sentimento di apertura è appannaggio solo di un italiano su tre (e ancora meno se si tratta di Islam).

Questi dati non si spiegano soltanto con la crisi economica globale iniziata nel 2008; e anzi non sarebbero interamente comprensibili se non tenessimo conto del fatto che a cavallo del 2008 succede un altro fatto altrettanto importante. Più che un fatto, si tratta di una autentica rivoluzione. La digitalizzazione infatti in quegli anni subisce una accelerazione mai vista con le precedenti rivoluzioni tecnologiche: arrivano gli smartphone (2007), le app (2008), le stampanti 3D (2009), la banda ultralarga (2010). L’elenco potrebbe andare avanti a lungo, con date che cambiano da paese a paese, ma il risultato è identico. E il risultato è che quando l’economia riparte da quella crisi profonda lo fa su basi completamente nuove: il famoso 4.0. Un nuovo paradigma di ideazione, prototipazione, produzione, distribuzione e consumo. Che quasi sempre ci vede impreparati dal punto di vista delle competenze digitali, e quindi ci propone lavoretti saltuari e sottopagati.

Tutto nasce in quell’anno. In quell’anno avviene il passaggio da sogni – chi sogna più oggi un mondo migliore? – a bisogni. 

Averlo sottovalutato ci ha portato a dove siamo oggi.

FONE AGI

Buonsenso dove sei?

Mi sono fatta proprio una bella domanda…In questi giorni di inizio settembre sto ossevando situazioni veramente paradossali, non degne di un Paese normale come ho sempre creduto fosse il nostro.

il buonsenso di Alessandro Manzoni

Facciamo qualche esempio.

Il Pd sta spingendo i “naufraghi” della Diciotti a querelare il Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Forse i tapini lo hanno già fatto. Tenete presente che i suddetti signori sono tutti clandestini.

Si sta facendo già dallo scorso anno una campagna, oserei dire, feroce, sulla necessità di vaccinare i bambini di pochi mesi con un vaccino esavalente che pare avere avuto su molti di loro, effetti nefasti, per non dire mortali.

E’ di questi giorni la notizia che proprio i soliti naufraghi della Diciotti, sbarcati in Italia ed affidati alle amorevoli cure della Caritas, sono fuggiti e il loro stato di salute era ed è assolutamente preoccupante, molti di loro sono affetti da tubercolosi. Mi sembra alquanto desiderabile che si provveda ad una prevenzione sulla popolazione con riferimento alle zone dove questi signori si sono dati alla fuga.

Pare che il nostro governo abbia in mente di creare isole felici per gli anziani che solitamente, per riuscire a vivere decorosamente,  si trasferiscono in Paesi esotici che non tassano la loro misera pensione, a chi decidesse di trasferirsi nell’isola felice italiana, il fisco lascerebbe al pensionato la sua pensione intera.  Direi benissimo, se non fosse che una domanda  sorge spnontanea: dove sono state individuate queste isole felici? La risposta è agghiacciante: nei borghi disabitati del meridione, al fine di ripopolarli.  Il sospetto (direi molto fondato) e che a questi poveri cristi venga proposta una soluzione che li porti dritti alla morte.

Il Ministro Di Maio è il promotore di una proposta di legge che dovrebbe vietare l’apertura dei centri commerciali di domenica. Non amo particolarmente i centri commerciali, ma immagino che la loro apertura sia molto utile nelle grandi città. La gente che lavora tutta la settimana, si riserva di fare spesa la domenica. Infatti se ci capitate in quel giorno troverete una gran ressa. Per non parlare poi dell’occupazione che da una scelta simile, riceverebbe un colpo mortale.

Questi sono esempi banali di situazioni davvero incredibili e illogiche, domandiamoci però che cosa faranno nelle scelte importanti se per queste piccole cose danno fondo a tutta la loro fantasia malata?

Manuela Valletti