Il governo vara la patente a punti per le aziende: se muore un operaio dovranno fare un corso

Dal primo ottobre 2024, verrà ufficialmente inaugurata la nuova patente a punti per la sicurezza sul lavoro nel settore dell’edilizia. Nel decreto PNRR approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, è stato infatti introdotto un sistema di crediti – si parte da trenta “punti” totali – che coinvolgerà imprese e lavoratori autonomi, i quali, per poter continuare a operare nel loro campo, ne dovranno obbligatoriamente possedere almeno quindici. Sulla scorta di quanto avviene per la patente di guida, si subiscono decurtazioni a seconda delle violazioni che vengono consumate: da 5 crediti per quelle di minore entità, passando da 15 in caso di inabilità permanente, assoluta o parziale del lavoratore, per poi arrivare a 20 crediti in caso di morte sul lavoro. I 15 crediti richiesti potranno però essere recuperati in seguito a un corso di formazione, permettendo così di tornare in attività. Il governo ha presentato le misure incontrando le parti sociali, ma la discussione non ha portato ai risultati sperati. Se la Cisl parla di norme “in parte condivisibili”, la maggior parte dei sindacati sono ampiamente insoddisfatti: Cgil e Uil promettono battaglia, bocciando metodo e merito della norma; sulle barricate anche l’Unione Sindacale di Base, che parla di “misure improvvisate e insufficienti” che nascondono “imbrogli”.

Anche in questo contesto l’esecutivo segue, insomma, la medesima scia che ha contraddistinto la sua azione fino ad ora, come ben testimoniano i casi di Cutro e Caivano: intervenire con norme ad hoc dopo il verificarsi di tragedie o fatti di cronaca che diventano mediatici. Ed ecco che, dopo il crollo del cantiere del nuovo Esselunga di Firenze, il governo vara una bozza del provvedimento che, oltre al sistema dei crediti, prevede anche l’introduzione di misure per il rafforzamento del personale ispettivo. La patente a punti verrà rilasciata ad imprese e autonomi direttamente dall’Ispettorato nazionale del lavoro, chiamato anche a stabilire le sanzioni per chi non ne è in possesso o ha un un numero di crediti inferiore a 15 (che potrà essere colpito con una multa da 6mila a 12mila euro e non potrà operare nei cantieri edilizi temporanei o mobili). In determinati casi, l’Ispettorato del lavoro potrà anche sospendere in via cautelativa la patente fino a un massimo di un anno. In prima linea contro i contenuti della norma ci sono Cisl e Uil. «Il clima non è quello che ci dovrebbe esserci quando si parla di morti sul lavoro – ha attaccato il segretario Uil Pierpaolo Bombardieri -. Tra le risposte la patente a crediti c’è, ma la vita di un lavoratore vale 20 crediti: si può lavorare con 15 e 5 si recuperano con un corso di formazione…». Maurizio Landini, segretario della Cgil, ha detto che il metodo di confronto è stato «totalmente inadeguato», criticando il fatto che la patente a punti non sia stata prevista per tutti i settori ma «solo per gli edili» e chiedendo di «avviare una vera trattativa per realizzare un piano nazionale di prevenzione e protezione della salute e sicurezza sul lavoro».

A scagliarsi in maniera ancora più netta contro l’esecutivo è stata l’USB. “La vera questione al fondo della condizione di abbassamento delle tutele sulla sicurezza, la ricattabilità alla quale sono sottoposti i lavoratori, non è stata nemmeno sfiorata – si legge in una nota–. La delegazione dell’USB ha sottolineato la necessità di intervenire sui salari, sul sistema degli appalti e sulla necessità di rompere il legame tra contratto e permesso di soggiorno, tutti fattori che incidono sulla ricattabilità di chi lavora. In particolare abbiamo chiesto che tutti i lavoratori in appalto godano degli stessi trattamenti e delle identiche garanzie dei lavoratori diretti e che si ristabiliscano criteri oggettivi alla base degli appalti, rompendo con la logica di risparmiare sulla pelle dei lavoratori e deresponsabilizzare le direzioni aziendali”. «Incontrando i rappresentanti del governo abbiamo constatato il loro imbarazzo sulla questione delle risorse – ha dichiarato Guido Lutrario, portavoce nazionale USB -. Hanno parlato di 32 milioni, ma questa quota non costituisce una spesa aggiuntiva, bensì il recupero di risorse già previste, riciclate sotto altro nome. Raccontano che il governo ha deciso un intervento straordinario in questo settore, ma quando si appura che le risorse provengono da stanziamenti già previsti si capisce che non vi è alcun elemento di straordinarietà». In merito all’area di coinvolgimento della patente a punti, Lutrario non ha dubbi: «Le criticità riguardano anche tutti gli altri settori, il fatto di volerla restringere solo all’ambito edilizio è sintomo che hanno ridotto al minimo l’intervento possibile». Il portavoce rilancia inoltre sull’urgenza dell’introduzione del reato di omicidio e di lesioni gravi o gravissime sul lavoro, poiché «l’evanescenza del nostro sistema di leggi a protezione della sicurezza sul lavoro fa sentire sicuri datori di lavoro, che risparmiano sulle misure di sicurezza».

di Stefano Baudino

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Massimo Ranieri, l’arte della vita: “Da Patroni Griffi a Modugno, Vi svelo i miei incontri fortunati”

Domani sul palco degli Arcimboldi con il suo “Tutti i sogni ancora in volo”, quarta replica. Sabato “l’uomo delle rose rosse” al Teatro di Varese e il 5 aprile al Donizetti di Bergamo

Milano – «Partono ‘e bastimente, pe’ terre assaje luntane, cántano a buordo, só’ napulitane” dice una canzone cara a Massimo Ranieri quale “Santa Lucia luntana” evocando a suo modo l’inizio di quella vita d’artista che l’ex scugnizzo del Pallonetto rovescia domani sul palco degli Arcimboldi col suo “Tutti i sogni ancora in volo”, arrivato alla quarta replica milanese in tre anni di tournée. Un viaggio in bilico sulla sua vita e sulle sue canzoni propiziato nel 2022 dall’arrivo in libreria della biografia omonima, avviato da Giovanni Calone (come si chiama all’anagrafe) dopo l’esperienza decennale di “Sogno e son desto”. Sabato l’uomo delle rose rosse replica al Teatro di Varese e il 5 aprile al Donizetti di Bergamo, ultima tappa italiana prima di volarsene in Australia per due concerti .

Massimo, cominciamo dai bastimenti.

“Le canzoni sull’emigrazione mi prendono molto, perché emigrante in fondo lo sono stato anch’io all’età di 13 anni, quando andai in America per fare da spalla al grande Sergio Bruni. Durante quella trasferta pure mia madre perse le tracce e andò a chiedere mie notizie al consolato americano di Napoli. New York rappresentò una scoperta, pensavo fosse in bianco e nero così come la vedevo in tv alle spalle di Ruggero Orlando durante i suoi servizi al telegiornale. E invece era a colori, piena di vita”.

Fortuna lei ne ha avuta pure nella prosa.

“Peppino Patroni Griffi fu il mio mentore teatrale, al cinema avevo già fatto ‘Metello’ e altri film, ma sui palcoscenici niente. Quando mi propose di lavorare assieme, gli dissi che stavo partendo militare e lui rispose che avrebbe aspettato. Mi fece scoprire un mondo incredibile, grazie anche ai due atti unici di un grandissimo drammaturgo come Raffaele Viviani. Debuttammo con enorme successo al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Fu lui a dirmi che prima o poi avrei dovuto lavorare con Strehler”.

Con Strehler iniziò nel 1980, grazie al Brecht de “L’anima buona di Sezuan”.

“Accettai senza neppure leggere il copione. Debuttammo al Lirico, perché lo spettacolo aveva bisogno di spazio, dopo ben quattro mesi e mezzo di prove. Io interpretavo l’aviatore Yang Sun, un personaggio bellissimo, molto poetico, un grande vigliacco”.

Attrici che gli hanno segnato l’esistenza dentro e fuori dal set?

“Anna Magnani. Aveva sempre un sorriso per me ragazzino timoroso addirittura di salutarla. Non averla potuta salutare prima della morte è un grande rammarico della mia vita”.

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Quali benefici dei cosmetici all’acqua termale

L’interesse verso una cura della pelle consapevole e salutare è in costante crescita, con un’attenzione particolare rivolta ai prodotti che promettono non solo efficienza, ma anche delicatezza e rispetto per il nostro organismo. In questo contesto, i prodotti con acqua termale emergono come protagonisti di un nuovo approccio al benessere cutaneo, distinguendosi per le loro proprietà uniche e i benefici che possono offrire. 

 

L’acqua termale: una fonte di benessere per la pelle

L’acqua termale non è un’acqua comune. La sua origine risale a percorsi sotterranei dove, nel corso di anni, si arricchisce di minerali e oligoelementi. Quando questa acqua affiora, porta con sé una composizione unica che offre molteplici benefici per la pelle. I prodotti formulati con questa preziosa risorsa sono apprezzati per la loro capacità di idratare, lenire e proteggere la pelle, rendendoli adatti anche per i tipi più sensibili e reattivi.

 

L’importanza della selezione dei prodotti

Tra i marchi che hanno saputo valorizzare le proprietà dell’acqua termale nei loro prodotti, Avène si distingue per il suo impegno nel fornire soluzioni adatte a ogni esigenza cutanea. I prodotti Avène, noti per la loro elevata tollerabilità e efficacia, rappresentano un esempio eccellente di come l’acqua termale possa essere sfruttata per migliorare la salute e l’aspetto della pelle.

 

Benefici dell’acqua termale sui diversi tipi di pelle

L’utilizzo di cosmetici all’acqua termale è particolarmente benefico per la pelle, grazie alla loro capacità di agire delicatamente, senza aggredire o irritare. Questi prodotti sono in grado di offrire sollievo immediato da rossori, pruriti e irritazioni, contribuendo nel contempo a rafforzare la barriera cutanea contro le aggressioni esterne. La loro azione lenitiva è particolarmente apprezzata da chi soffre di condizioni come dermatite, eczema o psoriasi, dimostrando come l’acqua termale possa essere un alleato prezioso nella gestione di problematiche cutanee complesse.

 

L’acqua termale e l’anti-aging

Non solo comfort e sollievo: i cosmetici all’acqua termale giocano un ruolo importante anche nella prevenzione e cura dei segni del tempo. Grazie alla ricchezza di minerali e alla loro capacità di stimolare la microcircolazione, questi prodotti contribuiscono a migliorare l’elasticità e la tonicità della pelle, combattendo la formazione di rughe e linee sottili. Inoltre, la presenza di antiossidanti aiuta a proteggere la pelle dall’invecchiamento precoce causato dai radicali liberi, conferendo un aspetto più giovane e radioso.

 

Scegliere i prodotti giusti: consigli e raccomandazioni

La scelta dei prodotti all’acqua termale deve essere guidata da una comprensione delle proprie esigenze cutanee. È importante selezionare formulazioni adatte al proprio tipo di pelle, considerando texture, ingredienti attivi e specificità del prodotto. Consultare un dermatologo può essere utile per ricevere consigli personalizzati e sfruttare al meglio i benefici offerti dall’acqua termale. Inoltre, è consigliabile optare per prodotti di marchi rinomati e specializzati, che garantiscono la qualità e l’efficacia delle formulazioni.

 

L’attenzione verso i cosmetici all’acqua termale riflette una tendenza più ampia verso la ricerca di prodotti più naturali, delicati e rispettosi dell’ambiente. Questo movimento, che privilegia ingredienti di origine naturale e formule meno aggressive, è in linea con una crescente consapevolezza circa l’importanza di prendersi cura della propria pelle in modo sostenibile e consapevole. La scelta di prodotti all’acqua termale, quindi, non solo beneficia la pelle ma si inserisce in un contesto più ampio di benessere e rispetto per il nostro pianeta.

 

L’interesse verso questi prodotti è motivato non solo dalle loro proprietà benefiche ma anche da una maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo alla composizione dei cosmetici e al loro impatto sulla salute della pelle e sull’ambiente. La trasparenza e l’impegno dei marchi nel promuovere formule sicure, efficaci e rispettose dell’ecosistema contribuiscono a consolidare la fiducia dei consumatori e a guidare le loro scelte verso prodotti più sostenibili e consapevoli.

 

I cosmetici all’acqua termale rappresentano una soluzione ideale per chi cerca prodotti efficaci, delicati e adatti anche alle pelli più sensibili. La loro capacità di idratare, lenire e proteggere la pelle, unita ai benefici anti-aging e alla loro azione benefica su problematiche cutanee specifiche, li rende un alleato prezioso nella routine di bellezza quotidiana. La scelta di integrare questi prodotti nella propria cura della pelle non solo può migliorare significativamente l’aspetto e la salute del viso ma anche contribuire a promuovere un approccio al benessere più naturale e rispettoso dell’ambiente.

Secondo l’80% dei docenti il bullismo a scuola è una realtà

Secondo l’Eurispes il bullismo è ancora più frequente nella scuola primaria e secondaria di primo grado (82%). Il 43,3% dei docenti degli istituti professionali e licei denuncia inoltre episodi di spaccio di stupefacenti

08 febbraio 2024

Bullismo (AGF)
 Foto: Phanie (AGF) –  Bullismo (AGF)

AGI – Il bullismo è una realtà diffusa: il 79,8% dei docenti delle superiori ne documenta la presenza tra gli studenti, ancora più preoccupante il dato rilevato nella primaria e secondaria di primo grado (82%), qui, inoltre, vengono fornite, da oltre tre quarti dei docenti, testimonianze circa le difficoltà di integrazione degli alunni diversamente abili (alle superiori il dato si attesta all’78% circa).

È quanto emerge dal secondo Rapporto Nazionale sulla scuola e l’università dell’Eurispes. Il 43,3% dei docenti degli istituti professionali e licei, denuncia episodi di spaccio di sostanze stupefacenti tra alunni. In molti riferiscono almeno un caso di furto (65%) o danneggiamenti (78,1%) all’interno della struttura scolastica.

Sempre nelle secondarie di secondo grado al 17,6% del personale docente è capitato di subire minacce da parte degli studenti, ma preoccupano gli episodi di violenza: un insegnante su quattro (25%) è stato vittima di violenza da parte degli alunni, almeno una volta nel corso della vita professionale.

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AGRICOLTORI DAVANTI AL PALAZZO REGIONALE

Protesta degli agricoltori a Milano

https://www.ilgiorno.it/

Milano – È iniziata verso le 16 di oggi giovedì 1 febbraio la marcia dei trattori per le strade di Milano. Inevitabili i problemi alla circolazione in città. I mezzi sono entrati a Milano da Rogoredo e dalla zona di Corvetto, nel sud della città: sono in fatti una “costola” del presidio di protesta a Melegnano.

Nel primo pomeriggio, dal concentramento sulla provinciale Binasca, si è staccata una delegazione di circa 50 trattori degli agricoltori del coordinamento nazionale Riscatto agricolo per raggiungere intorno alle 18 il Pirellone, sede del consiglio regionale lombardo.

Redazione

CONTRORDINE USA: IL NUOVO PIANO PER L’UCRAINA NON PREVEDE LA RICONQUISTA DEI TERRITORI

L’amministrazione Biden sta lavorando ad un piano per sostenere l’Ucraina a lungo termine che però almeno per il 2024 non prevede la riconquista dei territori persi dallo scoppio del conflitto. Lo riporta il Washington Post, che cita funzionari governativi che hanno accettato di … continua

La maxi mostra di Van Gogh a Milano

l Mudec Museo delle Culture presenta da oggi, giovedì 21 settembre, al 28 gennaio 2024, la mostra “Vincent Van Gogh. Pittore colto”, che propone una prospettiva nuova sul celebre artista olandese, discostandosi dagli stereotipi che ne condizionano la narrazione.  

“Van Gogh il maestro dei girasoli, Van Gogh il pittore del manicomio e della pazzia suicida, Van Gogh il solitario artista immerso nella campagna, l’autodidatta senza molti appigli culturali: questi sono solo alcuni dei preconcetti che hanno condizionato, e condizionano tuttora, il mito di Vincent Van Gogh. Questa mostra presenta invece un Van Gogh diverso e più sorprendentemente aggiornato sul dibattito culturale del suo tempo: appassionato lettore e collezionista di stampe, oltre che attento osservatore delle tendenze artistiche più attuali. Van Gogh fu infatti un grande pittore ma anche un intellettuale estremamente colto”, si legge in una nota di palazzo Marino. 

L’esposizione – promossa dal comune di Milano con il patrocinio dell’ambasciata e consolato generale dei Paesi Bassi in Italia, prodotta da 24 Ore Cultura e curata da Francesco Poli con Mariella Guzzoni e Aurora Canepari – è stata realizzata grazie alla collaborazione con il museo Kröller-Müller di Otterlo, Paesi Bassi, che possiede una straordinaria collezione di dipinti e disegni del pittore olandese, seconda solo a quella del Van Gogh Museum di Amsterdam.  

Dal museo olandese provengono circa 40 delle opere esposte, tra cui straordinari capolavori come gli studi di teste e figure per “I mangiatori di patate”, “I nidi” e i disegni di cucitrici e spigolatrici della fase olandese; “Moulin de la Galette”,  “Autoritratto”, “Interno di un ristorante”, “Natura morta con statuetta e libri”, degli anni parigini; “Frutteto circondato da cipressi”, “Veduta di Saintes-Marie-de-la-Mer”, “La vigna verde”, “Ritratto di Joseph-Michel Ginoux” del periodo di Arles; “Paesaggio con covoni e luna che sorge”, “Covone sotto un cielo nuvoloso”, “Pini nel giardino dell’ospedale”, “Uliveto con due raccoglitori di olive”, “Tronchi d’albero nel verde”, “Il burrone”, dipinti durante il suo internamento all’ospedale di Saint-Rémy. 

Il taglio curatoriale mette in evidenza il rapporto fra la visione pittorica e la profondità della dimensione culturale dell’artista, attraverso lo sviluppo di due temi: da un lato quello del suo appassionato interesse per i libri, e dall’altro la fascinazione per il Giappone alimentata dall’amore per le stampe giapponesi, collezionate in gran numero. Nel percorso di mostra le opere provenienti dal Museo Kröller-Müller vengono presentate in dialogo con il primo fil rouge della mostra, ovvero con una accurata selezione di oltre trenta edizioni originali di libri e riviste d’arte, provenienti dalla collezione della curatrice e dalla Biblioteca Malatestiana, disseminati in vetrine a tema.   

Il percorso espositivo sarà arricchito da un’opera audiovisiva a cura di Karmachina. Un archivio audiovisivo che raccoglie schizzi, illustrazioni e dipinti, ma anche citazioni tratte dalle sue lettere. Un omaggio al Vincent collezionista e archivista, grande lettore e sperimentatore.  

Da che punto si racconta un storia?

Raccontando la carneficina in corso a Gaza secondo il racconto mediatico dominante non esiste nulla prima del 7 ottobre: la storia inizia con un’organizzazione terroristica che, non si sa perché, decide di andare a compiere una strage in Israele. In questo modo il gioco è fatto e il racconto è semplicissimo: da una parte dei pazzi estremisti, dall’altra il diritto a difendersi di uno Stato. Ogni ragionamento è rimosso e al massimo si può discutere timidamente se forse le forze israeliane non stiano un poco esagerando nella reazione, portando così il dibattito pubblico all’esatto livello desiderato dal potere politico.

Quando invece si parla delle ragioni storiche del conflitto la parola passa invece alla storiografia dominante, ovvero quella che ha accesso alla tv e ai grandi media, che in Italia è fatta sempre da un piccolo manipolo di giornalisti scelti. Il massimo rappresentante ne è probabilmente Paolo Mieli, che distribuisce pillole di storiografia preconfezionata come autore di Rai Storia e come editorialista del Corriere della Sera. All’indomani degli attacchi del 7 ottobre, a Mieli, sono bastati 60 secondi per confezionare la propria pseudo-storia del conflitto in un video prodotto dal Corriere: “Tutto ha inizio nel novembre 1947, quando le Nazioni Unite decidono la nascita di due Stati: uno ebraico e uno palestinese. Il 14 maggio 1948 lo Stato ebraico nasce, mentre dalle terre in cui doveva nascere lo Stato palestinese arriva un’aggressione dei Paesi arabi contro Israele, perché quello Stato vada in pezzi immediatamente”. Anche qui, naturalmente, tutto torna e la colpa è chiara. Ma la storia non si può fare in 60 secondi e soprattutto non inizia da dove la fa cominciare Paolo Mieli. Per comprendere il conflitto in Palestina bisogna partire da un altro mezzo secolo prima, se no non si capisce niente.

Conferenza di Berlino, 1884, piena epoca coloniale. Le potenze europee si ritrovano per ammantare di diritto le proprie pretese sul resto del mondo, e così nasce il principio legale della terra nullius, che in buona sostanza afferma razzisticamente che esistono territori di nessuno, scarsamente abitati da popolazioni incivili che possono essere occupati legittimamente dalle civiltà superiori. La Palestina, dove all’epoca vivevano circa mezzo milione di arabi e appena 24.000 ebrei (meno del 5% della popolazione) viene designata terra nullius, quindi colonizzabile. Il movimento sionista, anch’esso nascente in quegli anni, coglie la palla al balzo e afferma di voler andare in Palestina con il sacro diritto di rappresentare un “popolo senza terra che vuole prendere una terra senza popolo”. Ma il problema è che il popolo c’era, non era ebraico e non voleva farsi colonizzare. Con i soldi raccolti in occidente e con le armi comincia la colonizzazione ebraica a danno dei palestinesi. Ancora nel 1947, quando inizia la storia secondo gli amanuensi del pensiero governativo, i palestinesi rappresentano il 75% della popolazione. La loro “colpa” è quindi quella di aver rifiutato prima di farsi colonizzare e sfollare in silenzio, poi di non aver accettato una partizione assurda della loro terra in due Stati che avrebbe assegnato a poche decine di migliaia di coloni oltre la metà delle terre.

L’indice del nuovo numero

  • Una storia coloniale
  • Io sono un palestinese
  • Cronistoria ragionata di un conflitto lungo oltre un secolo
  • Gaza, la prigione a cielo aperto più grande del mondo
  • La lunga scia di violazioni del diritto internazionale da parte di Israele
  • È vero che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente?
  • La posizione degli Stati internazionali nel conflitto
  • L’attivismo per la Palestina nel mondo e il movimento BDS
  • La pace impossibile: come potrebbe finire il conflitto israelo-palestinese
  • Per approfondire: i consigli della redazione

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Contro l’inflazione la Spagna ha deciso di aumentare il salario minimo

Il 12 gennaio, il Primo Ministro spagnolo Pedro Sánchez ha pubblicato un post su X in cui comunica di avere trovato un accordo con i sindacati UGT e COO in relazione al salario minimo, stabilendo che nel 2024 gli stipendi non potranno scendere sotto i 1.134 euro lordi al mese distribuiti in 14 mensilità. Con la nuova intesa, che non è stata siglata dagli imprenditori, la Spagna intende combattere la crescente inflazione che sta colpendo l’Eurozona, promuovendo una misura che interessa, a detta dello stesso Sánchez, 2,5 milioni di lavoratori «soprattutto giovani e donne», parole sottoscritte dal segretario di Stato al Lavoro Joaquín Pérez Rey. La Spagna, che negli ultimi anni ha proposto una serie di misure di natura sociale, è uno dei 21 Paesi dell’Unione Europea ad avere una legge che regoli il salario minimo, mentre la lista di Stati che ne sono privi si limita a 6 nomi, tra cui certamente spicca quello dell’Italia, in cui la stessa Ministra del Lavoro Marina Calderone si è detta contraria alla misura, e favorevole piuttosto alla «contrattazione».

La nuova misura spagnola relativa al salario minimo porta a un aumento degli stipendi pari al 5% rispetto ai 1.080 euro del 2022, che tradotto significano 54 euro in più al mese. Sul tavolo delle trattative erano inizialmente presenti anche gli industriali, i quali tuttavia hanno deciso di non firmare l’accordo perché chiedevano che l’aumento si limitasse a un iniziale 3%. L’innalzamento dei salari, sebbene annunciato solo a metà gennaio, avrà effetto retroattivo e sarà valido a partire dall’inizio inizio mese, risultando così effettivo sin dalla prima busta paga dell’anno. Questa nuova misura di innalzamento degli stipendi non è la prima promossa dal governo Sánchez, che dal 2018 – anno del suo insediamento – a oggi ha portato a un incremento totale del 54% del salario minimo, pari, come sottolinea lo stesso Rey, a 5.573 euro all’anno; ma a quanto dice il Premier, quello annunciato venerdì non dovrebbe essere neanche l’ultimo provvedimento relativo alla questione, tanto che nello stesso post su X Sánchez fa riferimento a un «obiettivo 60%».

Sánchez è alla guida del Governo spagnolo dal 2018 e si è reinsediato all’esecutivo questo novembre, dopo aver rassegnato le proprie dimissioni annunciando elezioni anticipate in seguito a una dura sconfitta alle amministrative. Il suo Governo non è affatto nuovo a misure di sostegno sociale, che il Premier spagnolo è riuscito a finanziare anche grazie a misure di tassazione straordinaria, attaccando per via diretta le banche e i patrimoni, nonostante l’avversione dell’Unione Europea: oltre all’annuale innalzamento del salario minimo, infatti, Sánchez ha promosso misure di diritto alla casa, rendendo disponibili circa 50.000 affitti a prezzi calmierati, ma ha anche dato avvio a un equivalente del nostro reddito di cittadinanza, aumentato le pensioni, istituito fondi speciali dedicati ai giovani, promosso la lotta alla violenza di genere, e portato avanti altre numerosi provvedimenti. La misura di innalzamento del salario minimo, insomma, si colloca sulla scia di una serie di riforme e delibere di natura sociale, che contraddistinguono la Spagna da cinque anni a questa parte.

Nell’Unione Europea sono solo sei i Paesi sprovvisti di salario minimo, ossia Austria, Danimarca, Cipro, Finlandia, Svezia, e, infine, Italia. Nel Belpaese, la maggior parte dei partiti di opposizione ha proposto una misura di introduzione di un minimo salariale, che tuttavia non è mai stata appoggiata dal Governo; a detta della Ministra Calderone ragionare su una equa retribuzione significa in primo luogo «tener conto che nell’ambito della contrattazione collettiva il valore della restituzione in termini orari di un importo è data da tutta una serie di fattori», e l’introduzione di uno stipendio minimo non cambierebbe davvero gli equilibri lavorativi, né risolverebbe le situazioni di fragilità. La proposta di legge, rigettata dalla maggioranza questo novembre, prospetta l’introduzione di un salario minimo pari a 9 euro all’ora ed è appoggiata tanto dall’Unione Europea, quanto dalla giurisprudenza italiana. Dopo il suo affossamento, è stato presentato un emendamento per la sua introduzione alla legge delega in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, firmato da Pd, M5s, Avs, Più Europa e Azione.

[di Dario Lucisano]

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La Lombardia al primo posto per incidenti stradali: quasi 29mila nel 2022

fonte Ma.Gul.

La Lombardia è al primo posto in Italia per numero di incidenti, avendo totalizzato ben 28.786 sinistri nel 2022 in crescita di quasi il 12% rispetto all’anno precedente. A rivelarlo i numeri elaborati dal centro studi di AutoScout24 sulla base dei dati Istat. Tuttavia, il numero rapportato alla densità di popolazione posiziona la regione al settimo posto: 288,5 incidenti stradali ogni 100mila residenti. 

Pessimo primato per Milano tra tutte le province lombarde. Nel 2022 la città ha registrato 12.613 sinistri e, anche rapportando i dati al numero di residenti, Milano è al primo posto: 390,7 incidenti stradali ogni 100mila persone. Secondo posto per Cremona e terzo Pavia.

Secondo quanto rilevato, alla base di tutti questi incidenti stradali ci sarebbe un problema culturale considerando che il 14% del campione preso in esame da AutoScout24 giustifica chi guida dopo aver bevuto alcolici. Il 12%, poi, tollera chi usa il cellulare alla guida, magari nel caso di una telefonata urgente. 

Seconda una buona fetta di rispondenti, a fare la propria parte in questa classifica è anche lo stato delle strade per cui è necessario lavorare affinché siano migliori e meno pericolose. A preoccupare i guidatori, nel 73% dei casi, sono gli altri utenti della strada al volante, e nel 38% delle risposte i pedoni.